Vero o Falso, questo E’ il Dilemma

Nel passato il riso veniva usato anche per altri scopi oltre che come alimento. Per esempio, gli antichi Indu’ usavano chicchi di riso per scoprire se uno stava dicendo la verita’ o no. Chiedevano all’individuo di mettersi in bocca dei chicchi di riso; se l’individuo gli sputava stava dicendo la verita’, se non li sputava stava mentendo. Quando uno mente si sente in colpa e la sua bocca si inaridisce, cosi’ i chicchi di riso si appiccicano alle gengive e trova difficile sputarli.
La versione moderna della macchina della verita’ venne inventata negli anni ’20 dal psicologo americano Guglielo Moulton Marston (1893-1947). L’aparecchio si basava sul fatto che la pressione sanguigna aumenta quando uno sta mentendo e la sua macchina della verita’ non era altro che un misuratore della pressione del sangue. Era il precursore del moderno poligrafo che misura risposte psicologiche quali la pressione sanguigna, i battiti del cuore, la frequenza respiratoria e la conduttivita’ della pelle.
Marston era anche uno scrittore di libri comici che negli anni ’40 creava il personaggio della Donna Prodigio. La Donna Prodigio fu il primo super-eroe femminile nel mondo dei libri comici, che fino a quel momento era stato monopolizzato da eroi maschili quali Batman e Superman. Una delle armi in possesso della Donna Prodigio era il Laccio della Verita’ che obligava coloro che venivano presi a dire la verita’.
Sfortunatamente, e noto ed accettato che il poligrafo, contrariamente al Laccio della Verita’, spesso sbaglia. Il bugiardo patologico riesce facilmente ad imbrogliare il poligrafo perche’ e’ in grado di nascondere le sue reazioni psicologiche mentre sta mentendo. L’autore americano Mark Twain (1835-1910) osava dire che il poligrafo lavora solo con chi non e’ capace di dire bugie. Ma c’e’ di piu’; se una persona e’ capace di imbrogliare se stessa, diventa ancora piu’ difficile scoprire se sta dicendo la verita’ o se sta mentendo. E’ nella natura umana credere in cio’ che si desidera sia la verita’.
Spesso anche la memoria dell’individuo cede ai desideri. Secondo la psicologa americana Bella DePaulo, dell’Universita della California, la ragione che i politici non dicono mai la verita’ e’ da ricercarsi nel loro desiderio di essere quello che non possono essere. Sto pensando se Kim Tae-ho (金台鎬, 김태호, 1962- ) quando l’estate scorsa veniva proposto come primo ministro nel governo coreano, sentiva che doveva rinunciare all’incarico perche’ il suo grande desiderio di diventare primo ministro aveva oscurato la sua memoria. Alla fine pero’, la verita’ saltava fuori grazie alle testimonianze fisiche che furono piu’ convincenti del piu sofisticato poligrafo.


Kim Yu-na


O Un-son

C’e’ pero’ da notare che al di fuori delle inchieste parlamentari, il gioco della verita’ e del falso viene costantemente alla ribalta. Ottimi esempi sono quelli di Kim Yu-na (金姸兒, 김연아, 1990- ), medaglia d’oro nel patinaggio artistico alle ultime Olimpiadi Invernali, ed il suo allenatore il canadese Brian Orser (1961- ) circa la causa della loro separazione; e quello fra la Federazione Alpina Coreana e l’alpinista O Un-son (吳銀善, 오은선, 1966- ) circa la disputa se veramente la O ha raggiunto la cima del Kanchenjunga (8586 m) nel Himalaya come orgogliosamente va dicendo in giro.
Evidentemente una delle due parti sta mentendo, ma e’ difficile per noi, gente sprovveduta, decidere chi ha ragione e chi ha torto. Considerando che non siamo in grado di chiedere un’inchiesta parlamentare in materia, mi viene da pensare se potesse saltar fuori una Donna Prodigio capace di darci una risposta!
Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
26 dicembre 2010

Truth or Lie, this Is the Dilemma

People once used rice for something other than cooking. For example, ancient Hindus used it to find out whether someone was lying or not. They would ask a person to put some rice in his mouth. If the person spit it out he was telling the truth, but if not he was lying. When one tells a lie, it feels uneasy and his or her mouth gets dry. Thus, the grains of rice stick to the gums and it is difficult to spit them out.
The modern-version of the lie detector was invented in the 1920s by American psychologist William Moulton Marston (1893-1947). Based on the idea that blood pressure goes up when one lies, the device he invented used blood pressure to determine whether a person was lying. It was the precursor to the modern polygraph, which measures physiological responses such as blood pressure, pulse, breathing and skin conductivity.
Marston was also a comic book writer who made his debut in the 1940s. The character he created was Wonder Woman. Wonder Woman was the first female superhero in the comic book world, which until then had been a playground for male heroes such as Batman and Superman. One of the sources of Wonder Woman’s power is the Lasso of Truth, which compels those encircled by it to tell the truth.
Unfortunately, it is widely accepted that polygraphs, unlike the Lasso of Truth, make many mistakes. Pathological liars deceive lie detectors easily, because they do not experience any physiological changes even if they lie. As the American author Mark Twain (1835-1910) said, it only works on people who do not know how to lie. Moreover, if a person deceives himself, it gets even more difficult to distinguish the truth from a lie. It is human nature for one to believe in what one wishes to be the truth.
One’s memory also often succumbs to one’s wishes. The reason why politicians tell lies so often is because of their desire to be somebody they cannot be, according to Bella DePaulo, a psychologist at the University of California. I wonder whether Kim Tae-ho (金台鎬, 김태호, 1962- ) when last summer was designated as prime minister in the Korean Government, felt he had to give up his nomination because his strong wish to be the prime minister was entangled with his memory. But in the end, the truth was revealed through physical evidence that was more convincing than any polygraph.

Kim Yu-na

O Un-son

In addition to the confirmation hearings at the National Assembly, the game of Truth or Lie is tediously being played out everywhere. One good example is the case of Kim Yu-na (金姸兒, 김연아, 1990- ), the Olympic figure skating gold medalist, and her Canadian coach Brian Orser (1961- ) over the cause of their split; and the one involving the Korean Alpine Federation and professional mountaineer O Un-son (오은선, 吳銀善, 1966- ) over whether she really reached the peak of Kanchenjunga (8586 m) in the Himalayas.
Either of the two may be lying, but it is difficult for bystanders to decide which side is wrong. As we cannot hold hearings to find the truth, I wonder whether Wonder Woman would appear to give us an answer!
Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
December 26, 2010

Le Prime Gelate della Stagione

Mercoledi’ scorso, 15 dicembre, quando mi sono svegliato poco prima delle 7, il termometro appeso fuori dalla finestra della mia stanza segnava -12 gradi Celsius ed il mio pensiero ando’ dritto dritto all’autore Americano di fantascienza Kurt Vonnegut (1922-2007), noto per la sua fede nell’umanita’, ed alla sua novella La Culla del Gatto (1963) dove tratta di una sostanza chiamata ‘ghiaccio IX’. ‘Ghiaccio IX’ e’ una struttura alternativa al ghiaccio che solidifica a 46 gradi Celsius, in grado di trasformate il mondo intero in una enorme palla di neve.
Evidentemente questo e’ solo fantascienza, ma cio’ non significa che sia il solo tipo di ghiaccio al mondo. Nel 1900, il chimico-fisico russo Gustavo Tammann (1861-1938) scopriva che un nuovo tipo di ghiaccio poteva essere ottenuto sottoponendo il normale ghiacchio ad una pressione di 3500 atmosfere. Il risultato e’ un nuovo tipo di ghiaccio, batezzato ‘ghiaccio II’ e ‘ghiaccio III’ molto piu’ denso del ghiaccio normale. Il fisico americano Percy Bridgman (1882-1961) dell’Universita’ Harvard, il Premio Nobel per la Fisica nel 1946, aveva anche lui trovato un ghiaccio in possesso di una struttura diversa da quella del ghiaccio normale; aveva scoperto il ‘ghiaccio VI’ che rimaneva solido fino a temperature intorno ai 60 gradi Celsius: aveva creato il ghiaccio caldo!
Le nostre conoscenze circa il ghiaccio si sono evolute al punto che abbiamo persino il ‘ghiaccio IX’ nato raffreddando rapidamente il ‘ghiaccio III’. Non dobbiamo pero’, per fortuna, preoccuparci troppo che questo nuovo ghiaccio solidifichi l’intero mondo, perche’ il vero ‘ghiaccio IX’ solidifica ad una temperatura ben diversa da quella descritta da Vonnegut nella sua novella.
Nella vita di ogni giorno non c’e’ nessun motivo per parlare di un nuovo tipo di ghiaccio. Per tutti noi, eccetto pochi scienziati, ghiaccio e’ ghiaccio e nulla di piu’. Al massimo siamo capaci di riconoscere le prime gelate della stagione. Secondo il calendario lunare coreano, le prime gelate della stagione avvengono intorno al sosol (소설), che quest’anno cadeva il 22 di novembre. Sosol annuncia che ormai l’inverno e’ alle porte suggerendo al popolo di prepararsi in anticipo ad affrontare la stagione fredda. Nel Nonggawolryongga (農家月令歌, 농가월령가), una canzone sulle attivita’ contadine stagionali, ci sono dei versi che descrivono il lavoro del contadino in preparazione della stagione fredda:

Raccogli le radici bianche dal campo e prepara il kimchi
Ripara le screpolature dell’ondol e chiudi i buchi nella parete
Incolla nuova carta alla porta e chiudi i buchi dei topi.

Spesso le prime gelate della stagione sono state usate dai poeti per simboleggiare i limiti del tempo o la sua decadenza. Chong Ho-sung (鄭昊昇, 정호승) nel suo poema Namhangang (南漢江,남한강, Fiume Han) scrive:

In mezzo all’Han ghiacciato
c’e’ una barca.
Desiderava andare da qualche parte prima delle gelate stagionali
in un posto lontano.
Nella sua vanita’, sognava il mare aperto
ma rimaneva chiusa nel ghiaccio e fermata dov’era.

Il poeta Ko Hyong-ryol (고형렬) scrive nel suo poema Oh, la Prima Gelata della Stagione:

La prima gelata della stagione
ha la capacita’ di bloccare il mio cuore e di aumentarne il lavoro:
E’ la fine della follia e del desiderio.

Leggo che quest’anno le prime gelate della stagione sono state segnalate nella mattinata del 29 settembre al Taegwallyong (대관령, 832 m) ed al monte Sorak (雪嶽山, 설악산, 1708 m), con un’anticipo di piu’ di 10 giorni rispetto all’anno scorso. Questa notizia mi sembra impossibile perche’ allora indossavo ancora indumenti estivi ed aspettavo la notizia dell’arrivo dell’autunno con i suoi colori scintillanti. Tuttavia il passare delle stagioni segue un processo naturale di morte e rinascita e tutti noi dobbiamo lasciare che le cose procedino nel loro cammino in modo che possano evolversi.
Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
19 dicembre 2010

The First Freeze of the Season

Last Wednesday, December 15, when I wake up just before 7 am, the thermometer outside the window of my room signed -12 degrees Celsius and immediately my thought went to Kurt Vonnegut (1922-2007), an American science fiction writer known for his humanist beliefs, who dealt with a substance called ‘ice IX’ in his 1963 novel Cat’s Cradle. ‘Ice IX’ is an alternative structure made of ice that freezes at 46 degrees Celsius and can turn the whole world into a huge snowball.
Of course, this is just fiction. But that does not mean there is only one kind of ice. In 1900, Russian chemist-physicist Gustav Tammann (1861-1938) discovered that a new form of ice was created when normal ice was subjected to a pressure of 3500 atmosphere. This new ice, ‘ice II’ and ‘ice III’, are much denser than the normal ice. The American physicist Percy Bridgman (1882-1961) of Harvard University, the Nobel laureate in Physics in 1946, also found ice with a different structure than normal ice. It is understood that his discovery, ‘ice VI’, remains a solid until the temperature goes up to at least 60 degrees Celsius. This creates hot ice!
Our understanding of ice has evolved to the point where we even have 'ice IX’. It is created when ‘ice III’ is cooled rapidly. Fortunately, we need not worry about the whole world freezing because the real ‘ice IX’ has a different freezing point than that described in Vonnegut’s novel.
In daily life, there is no need to talk about different kinds of ice. For most people, ice is ice and nothing else. At most, we recognize the first freeze of the season. According to the Korean lunar calendar, the first freeze of the season is normally observed at around sosol (소설), which this year fell on November 22. It is a signal that winter is here. In the old days, therefore, people hurriedly prepared for winter in anticipation for the arrival of the day. In Nonggawolryongga (農家月令歌, 농가월령가), a song about farming seasons, there is a verse that depicts the workload of a farmer during this season:

Pick white radishes from the field and prepare the kimchi
Repair the cracks in the ondol and fill the holes in the wall
Raste paper on your sliding door and plug the rat holes.

The first freeze of the season is often used as a poetic device symbolizing a time limit or decay. Chong Ho-sung (鄭昊昇, 정호승) wrote in his poem Namhangang (南漢江,남한강):

In the middle of the frozen Namhangang
there is a boat.
It wished to go somewhere before the first freeze of the season
to a far-away place.
In its own conceit, it dreamed of the offing
but it was frozen and held up there.

Poet Ko Hyong-ryol (고형렬) wrote in Oh, the First Freeze of the Season:

The first freeze of the season
has the power to hold my heart and push it hard:
It is the end of foolishness and desire.

It was reported that this year the first freeze of the season was observed at Taegwallyong (대관령, 832 m) and Mount Sorak (雪嶽山, 설악산, 1708 m) early on the morning of September 28—more than 10 days earlier compared to last year. That seems impossible to me because at the time I still had my summer clothes and am waiting for the news of the arrival of the colourful autumn leaves. But the changing of the seasons follows a natural process of decay and rebirth. We, too, must let things go in order to evolve.
Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
December 19, 2010

Piccoli Paesi, Grossi Successi

Circa 300 anni fa, gli olandesi controllavano indisturbati i commerci sulla scena mondiale. La Compagnia delle Indie Orientali (Vereenigde Oost-Indische Compagnie, VOC), una delle prime societa’ per azioni nel mondo, importava spezie, seta, porcellane ed oro dall’oriente. La VOC era in realta’ un conglomerato multinazionale con interessi nel campo della cantieristica navale, trasporti marittimi, finanziario, sviluppo di risorse naturali e commercio. Amsterdam, ospitava anche una delle prime borse valori al mondo.

Il cantiere navale della VOC ad Amsterdam (circa 1750)

A supportare il successo degli olandesi contribui’ anche il loro spirito di tolleranza. Nel XVI secolo molti ebrei emigrarono in Olanda, lasciando dietro le loro spalle i paesi cattolici che li pressavano a convertirsi. E grazie a questa tolleranza l’Olanda trasse il beneficio dei capitali e dei legami personali degli ebrei, oltre che la loro innata astuzia negli affari.
La storia economica olandese puo’ essere riassunta in poche parole: “Un piccolo paese che ha raggiunto un grande successo.” Un paese con 1.5 milioni di abitanti aveva raggiunto una grande potenza grazie allo spirito avventuroso dei suoi navigatori ed alla loro costante volonta’ di innovazione. I vasselli che uscivano dai loro cantieri erano in grado di trasportare piu’ merci mentre il sistema della societa’ per azioni, cioe’ dell’innovativo sistema finaziario, gli spronava a diversificare il rischio dei loro affari col risultato di accumulare piu’ ricchezza.
La rivalita’ verso il sistema olandese fu lo stimolo per lo sviluppo dell’impero inglese e l’influenza olandese in Giappone lo aiuto’ a diventare il primo paese orientale ad occidentalizarsi. L’anno scorso si cellebrarono i 400 anni del primo trattato commerciale fra Giappone ed Olanda.
La Corea veniva per la prima volta in contatto con gli olandesi e con l’occidente grazie al marinaio olandese Jan Janse Weltevree (1595-??) ed al contabile della VOC Hendrick Hamel (1630-1692): la nave sulla quale erano imbarcati si incagliava sulle coste coreane nel XVII secolo. Veltevree insegno’ ai coreani l’uso delle moderne armi da fuoco, che si dimostro’ utilissimo per l’esercito locale in preparazione per una guerra contro i vicini nel nord. Hamel faceva conoscere agli europei la Corea ed i suoi abitanti con la pubblicazione del suo ormai famoso diario dei suoi 13 anni passati nel paese. Tuttavia, allora non si apri’ nessun commercio fra la Corea e l’Europa e la Corea rimase il Regno Eremita di prima.
Oggi la Corea ha raggiunto fama mondiale nella cantieristica navale, nei trasporti navali e nel commercio, come l’Olanda fece nel passato. La Corea non ha piu’ l’aspetto di un piccolo paese. Come un vice ministro coreano delle finanze disse durante un convegno di operatori economici interessati ad investire in Corea quando gli incontro’ a New York—un tempo batezzato dai suoi colonizzatori col nome di Nuova Amsterdam: “I coreani possiedono lo spirito della perseveranza. Si rialzano come una bambola acrobatica. La Corea non e’ piu’ un paese inferiore.”
Se la Corea sara' capace di continuare a rinnovarsi e nello stesso tempo a tollerare gli altri, inevitabilmente verra’ riconosciuta come un piccolo paese che e’ stato capace di raggiungere un grande successo, come sono stati capaci di fare nel passato gli olandesi.
Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
12 dicembre 2010

Small Countries, Great Successes

Some 300 years ago, the Netherlands was the dominant player on the world’s trade stage. The Dutch East India Company (Vereenigde Oost-Indische Compagnie, VOC), which was one of the first joint stock companies in the world, imported spice, silk, porcelain and gold from the East. It was a multinational business conglomerate that pursued shipbuilding, shipping, financing, resource development and general trading. Amsterdam was also home to one of the world’s first stock exchanges.

The shipyard of the Dutch East India Company in Amsterdam (circa 1750)

Also behind the Netherlands’ rise was the spirit of tolerance. In the 16th century, many Jews migrated to the Netherlands, leaving behind Catholic countries that pressured them to convert. By virtue of this, the country could benefit from the capital and personal connections possessed by the Jews, as well as their keen insight into business.
The Dutch economic history can be resumed in very few words: “A small country able to reach a big success.” A country of only 1.5 million inhabitants was able to reach a large power thanks to the adventurous spirit of its navigators and their constant wish for innovation. The ships produced by their shipyards could transport more goods and their joint stock system, i.e., their innovative financial system, pushed them to diversify the risk of their business resulting in the accumulation of richness.
Rivalry with the Netherlands stimulated the growth of the British Empire and Dutch influence in Japan spurred it to become the first Asian country that was westernised. Last year was the 400th anniversary of the opening of trade between Japan and the Netherlands.
Korea first came into contact with the Dutch and the West for that matter, through the Dutch sailor Jan Janse Weltevree (1595-??) and the Dutch VOC bookkeeper Hendrick Hamel (1630-1692) whose ship was wrecked on Korean shores in the 17th century. Weltevree brought knowledge of the age’s modern weapons, useful for a Korean army that was preparing for a war against its neighbour in the north. And Hamel introduced Korea and its people to Europe after publishing his famous journal on his 13-year stay in Korea. But no trade took place between Korea and Europe and Korea remained a Hermit Kingdom.
Korea has grown into a land of shipbuilding, shipping and trade that criss-crosses the entire world like the Netherlands did long ago. Korea does not feel like such a small country anymore. As a vice finance minister reportedly said, “Koreans have a spirit of perseverance. They rise up again like a tumbling doll. Korea is no longer an underdog.” He said this to business leaders interested in investing in Korea when he met them in New York, once known to its Dutch colonizers as New Amsterdam.
If Korea can continue to lead in pursuing innovation and at the same time demonstrate tolerance toward others, it will be known as a small country that has achieved great success, like the Netherlands did before.
Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
December 12. 2010

Un Pensiero sulle Dita

I primi individui del genere Homo genus—dai quali noi umani discendiamo—sono anche noti come ‘uomo manuale’. L’Homo abilis che visse oltre 2 milioni di anni fa era abilissimo nell’usare le mani riuscendo a sagomare primitivi utensili di pietra. Quando l’Homo sapiens comincio’ ad apparire sulla scena piu’ di 250 000 anni fa, si impose per l’uso avvanzato della tecnologia nel lavorare la pietra. Mentre l’Homo habilis era semplicemente in grado di sagomare in qualche modo un pezzo di roccia, i nostri antenati erano in grado di creare ascie e coltelli di pietra.
Gli scienziati hanno suggerito che c’e’ un forte legame fra l’uso delle mani e lo sviluppo del cervello. L’umanita’ fu in grado di superare i suoi preistorici antenati perche’ fu capace di produrre utensili che l’aiutarono a sopravivere. Le loro comunita’ si imposero, si espansero e progredirono perche’ erano in grado di uccidere animali piu’ efficientemente di quanto le primitive comunita’ erano in grado di fare con delle semplici pietre sagomate.
Oggi i genitori sono impazienti di sfruttare del legame fra l’uso delle mani e lo sviluppo del cervello nei loro figli. In Cina ci sono sul mercato dei speciali bastincini che si suppone siano in grado di stimolare lo sviluppo intelletuale dei ragazzini. I bastoncini sono piu’ corti del normale e sono provisti di anelli dove si infilano le dita, permettendo cosi’ ai principianti di sviluppare reazioni motorie che gli permetterano di mangiare piu’ efficientemente con i normali bastoncini.
I bastoncini coreani sono da sempre stati elogiati per la loro facilita’ d’uso. Essendo di lunghezza media ed avendo le estremita’ arrotondate, permettono anche al principiante di afferrare qualsiasi cosa, dalle cotolette di maiale ai piccolissimi semi di sesamo. Non mi meraviglierei se questo preciso e delicato movimento delle dita ha dato ai coreani la capacita’ di imporsi nel campo della software elettronica. Ovviamente, lo scrivere e’ un’altra attivita’ che richiede la coordinazione nell’uso delle mani. Nel passato, tra i quattro tradizionali criteri nel giudicare una persona, lo scrivere veniva usato per valutare sia il carattere che le capacita’ intelletuali dell’individuo.
Ma in questa era di iPhone e Google, in verita' quanto frequentemente usiamo le mani? L’arte di scrivere sta diventando una cosa del passato eclissata dai messaggi elettronici ed i memorandum vocali. Fino a pochi anni fa si usavano le mani per scrivere a macchina, ma con l’evento dello schermo sensitivo e dei telefoni intelligenti, si usa un solo dito. Sono convinto che la persona piu’ odiata da Google e’ Il Pensatore di Augusto Rodin (1840-1917). Oggi quando qualcuno desidera conoscere il nome dell’attore principale di un qualsiasi film, non comincia a pensare, semplicemente tira fuori di tasca il suo iPhone o telefono cellulare Android e Google cerca il film.


Il Pensatore di Augusto Rodin (1902)

Non c’e’ nulla di intelligente nei telefoni intelligenti. Con l’amico Giacomo usiamo scherzare che aziende come Apple e Google andrebbero in fallimento se la gente cominciasse a pensare. Ma visto che siamo ormai coinvolti in una societa’ dove le caratteristiche e l’intelligenza dei suoi individui e’ oscurata dal colletivismo simile a quello delle formiche, mi meraviglierei se possiamo ancora usare le mani per salvarci in un mondo che vive su un dito.
Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
5 dicembre 2010

A Thought about Fingers

The earliest member of the Homo genus—to which humans belong—is called the ‘handy man’. Homo habilis lived over 2 million years ago and was excellent at using the hands to work primitive stone tools. When Homo sapiens emerged over 250 000 years ago, he stood out for his advanced stone technology. Whereas Homo habilis had merely sharpened rocks, our early ancestors had hand axes and stone knives.
Scientists have suggested that there is a strong correlation between the use of one’s hands and brain development. Humans were able to outlive their prehistoric ancestors by developing tools that helped them survive. They could kill more animals faster with hand axes than the primitive stone tools used by other beings at the time, so their communities were able to expand and flourish.
Today’s parents are eager to exploit the connection between using one’s hands and brain development in their children. In China, they even sell a special kind of chopsticks that is supposed to stimulate the intellectual development of young children. Smaller than normal chopsticks and with rings where one puts the fingers, they allow children who are just beginning to develop motor skills to eat with chopsticks.
Korean chopsticks have long been lauded in this country for their ease of use. Since they are of medium length and have round ends young Koreans can use the chopsticks to pick up everything from pork chops to tiny sesame seeds. I wonder if such precise finger movements have helped Koreans in the software field. Of course, writing is another task that requires the coordinated use of hands. As one of the four traditional criteria for judging a person, writing was used in the past to asses both character and intellect.
But in this age of iPhones and Google, how often are we really using our hands any more? The art of writing is being overshadowed by text messages and dictated memos. Up until recently, people still used their hands to type, but with the advent of touch screens and smart-phones, people only need one finger. I think that the person Google hates the most is The Thinker by August Rodin (1840-1917). When people want to know the name of an actor in a hit movie, they do not stop to think about it. They simply pull out their iPhone or Android-based cell phone and Google search the movie.

The Thinker by August Rodin (1902)

There is nothing smart about smart-phones. My friend James and I joke that companies like Apple and Google will go completely bankrupt if people start to think. As we become a society in which the characteristics and intelligence of individuals are overshadowed by collectivism equal to that of ants, I wonder whether we can reclaim our hands and save ourselves from a world of one-finger living.
Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
December 5, 2010

Premio Nobel o Premio IG Nobel

Visto che siamo in clima di Premi Nobel, mi sono venute alla mente alcune considerazioni su questo onoratissimo premio.
Perche’ una fetta di pane imburrato cade sempre a terra con la parte imburrata quando accidentalmente la faccio cadere mentre sto mangiando? Non c’e’ bisogno di lamentarmi di essere sempre e la sola vittima della Legge del Murphy.
Nel 1995, il fisico inglese Robert Matthews (1959- ) dimostrava che la Legge del Murphy va applicata a ognuno di noi senza eccezioni. Quando una fetta di pane imburrato cade da un tavolo alto circa un metro c’e’ una grande possibilita’ che tocchi terra con la faccia imburrata perche’ nella caduta puo’ compiere solo mezzo giro prima di toccare terra. In altre parole, l’altezza del tavolo non e’ sufficiente per far compiere alla fetta di pane un giro completo. Se la stessa fetta dovesse cadere da un tavolo alto due metri, le probabilita’ di toccare terra con la faccia non imburrata aumenterebbero notevolmente. Come riconoscenza per il contributo alla scienza dato da questo esperimento, Matthews riceveva nel 1996 il Premio Ig Nobel per la fisica.
I Premi Ig Nobel sono una parodia dei Premi Nobel. Il nome del premio si basa su una specie di unione del termine inglese ‘ignoble’ (bassezza, debolezza o spregevolezza) e ‘Nobel’, il nome del chimico svedese Alfred Nobel (1833-1893). La pronuncia ufficiale usata durante la cerimonia di premiazione e’ IG-no-BELL, cioe’ non viene mai pronunciato come il termine inglese ‘ignoble’ deve essere pronunciato.
Nel passato Premi Ig Nobel sono stati assegnati nel 1999 per lo sviluppo di un agente chimico che spruzzato su un paio di mutande con tracce di sperma le fa colorare in verde, rilevando cosi’ quando un marito tradisce la moglie. Nel 2006 per una formula in grado di calcolare il numero di tentativi necessari per scattare una foto di gruppo senza soggetti con gli occhi chiusi. Nel 2009 per un esperimento che dimostrava perche’ le vacche producono piu’ latte quando le si da’ un nome.
Ci sono molti altri Premi assegnati per ricerche che fanno ridere la gente. Tuttavia questi premi non devono essere presi troppo alla leggera. Molti di essi rappresentano delle vere e proprie ricerche scientifiche pubblicate da qualificate riviste specializzate. L’Ig Nobel, che viene organizzato annualmente fin dal 1991 dalla rivista di umoristico-scientifica Annals of Improbable Research (Annali di Ricerca Improbabile), mi fa ricordare che la natura prima della scienza e’ divertente.
Lo scrittore americano di fantascienza Isaac Asimov (1920-1992) commentava: “La parola piu’ eccitante che si puo’ sentire in campo scientifico, cioe’ quell, che annuncia nuove scoperte, non e’ ‘Eureka!’ ma ‘e’ divertente’". Interessante e’ il caso del biologo scozzese Alexander Fleming (1881-1955); quando la gente gli chiedeva cosa stesse facendo, rispondeva senza pensarci troppo che stava giocando con i micro-organismi. In realta’ Fleming scopriva la penicellina, un antibiotico che ha del miracoloso, mentre giocava con dei germi.
Il desiderio dei coreani di vedere un loro connazionale vincere un premio Nobel aumenta anno dopo anno. D’altra parte, come il fisico teorico giapponese Toshihide Maskawa (益川 敏英, 1940- ), che nel 2008 vinceva assieme ad un collega il Premio Nobel per la fisica, andava dicendo, il Premio Nobel viene assegnato ad uno scienziato che si diverte nel studiare qualcosa. In altre parole, non e’ giusto assegnare un Nobel come premio per una ricerca academica.
Per concludere, vorrei suggerire ai coreani di cercare di vincere per prima cosa un Premio Ig Nobel. Se ciascun coreano trova divertente studiare la scienza, c’e’ da scommettere che prima o poi riuscira’ a vincere anche un vero Premio Nobel!
Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
28 novembre 2010

Nobel Prize or IG Nobel Prize

Considering it is time for a new batch of Nobel Prizes, it comes to my mind a few considerations about this high valued award.
Why does the bread always fall on its buttered side when I drop it while eating? There is no need to deplore that Murphy’s Law always makes only me the victim.
British physicist Robert Matthews (1959- ) proved in 1995 that Murphy’s Law should apply to everyone without exception. A slice of bread dropped from a dining table about one metre high has a high probability of falling on its buttered side because it turns only halfway in the air before it hits the ground. The height of the fall is not long enough for the bread to turn around completely. If it is dropped from a height of two metres, however, the probability of falling on the other side would be higher. In recognition of the contribution to the science made by the experiment, he was awarded with the Ig Nobel Prize in Physics in 1996.
The Ig Nobel Prizes are a parody of the Nobel Prizes. The name is a play on the word ‘ignoble’ (baseness, lowness, or meanness) and the name ‘Nobel’, after the Swedish chemist Alfred Nobel (1833-1893). The official pronunciation used during the award ceremony is IG-no-BELL. It is not pronounced like the word ‘ignoble’.
In the past Ig Nobel Prizes have been awarded for: a chemical spray that can detect a husband’s extramarital affairs by making traces of semen on pants turn green (1999); a formula that can calculate the minimum number of shots you must take to get a group photo with no closed eyes (2006); and an experiment that showed that milk cows produced more milk when they were given names (2009).
There are many other prize-winning studies that have made people laugh. But they should not be taken lightly. Many of them were scientific research accomplishments that were published in scientific journals. The prize, which was first organized by the scientific humour magazine Annals of Improbable Research in 1991, reminds me that the original nature of science is fun.
Isaac Asimov (1920-1992), the American science fiction writer, said, “The most exciting word to hear in science, the one that heralds new discoveries, is not ‘Eureka!’ but ‘That’s funny.’” That was the case with the Scottish biologist Alexander Fleming (1881-1955). When people asked him what he was doing, he used to say that he plays with micro-organisms. He actually discovered penicillin, a miraculous antibiotic, while he was playing with germs.
The wishes of the Korean people to see Koreans win Nobel Prizes are growing strong gradually. But as the Japanese theoretical physicist Toshihide Maskawa (益川 敏英, 1940- ), who shared the 2008 Nobel Prize in Physics with his colleague, put it, the Nobel Prize is awarded to a scientist who has fun studying something. It is not right to make Nobel Prizes the goal of academic research.
Therefore, I propose that Koreans should try to win an Ig Nobel Prize first. If all Koreans indulge in the fun of studying science, I wonder whether one of them would someday win an actual Nobel!
Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
November, 28, 2010

Sara’ Solo una Questione di Nome?

Quando venne costruito, nel 330 durante il regno del Re Piryu (比流王, 비류왕, ??-344, r.304–344) del regno di Paekche (百濟, 백제, 18 BC-660 AD), il bacino Pyokkolje a Kimje (金堤市, 김제시), nella provincia settentrionale del Cholla (全羅北道, 전라북도), deve essere stato un grande lavoro di ingegneria idraulica. La diga, lunga 3.3 km e’ considerata l’inizio della coltivazione del riso nella zona.
Pyokkolje. Changsaenggo. Cio che rimane di una delle due porte del bacino

Con la sua lunghezza di 33 km il bacino Saemangum (새萬金, 새만금, Diga Marina di Mangum), non lontano dal bacino Pyokkolje, e’ 10 volte piu’ lungo, ma la sua costruzione non e’ stata certamente cosi’ difficile come quella del Pyokklje avvenuta 1700 anni fa. Il Saemangum e’ previsto per reclamare terreno nell’estuario Mangum, nome che probabilmente trova le sue origini dalla combinazione del primo ideogramma di Mangyong (萬), il nome della zona dell’estuario, ed il primo ideogramma di Kimje (金).
I lavori di ricostruzione del bacino Pyokkolje durante il regno di Re Taejong (太宗, 태종, 1367-1422, r.1400-1418) della dinastia Choson (大朝鮮國, 대조선국, 1392-1910) sono stati anch’essi spettacolari. Piu’ di 10 000 persone, provenienti da ogni angolo del paese, vennero mobilizzate e lavorarono senza sosta per completare il lavoro in soli due mesi. Persino manodopera dall’isola di Cheju (濟州島, 제주도) venne utilizzata, ma arrivo’ in ritardo a causa della distanza e delle cattive condizioni del mare che disturbarono la navigazione. A loro venne affidata la costruzione della diga a sud, un’area ancora oggi nota col nome di bacino Cheju. Nei paraggi del bacino c’e’ una piccola collina; una leggenda dice che venne creata accatastando le scarpe di paglia consumate durante i lavori.
Re Teajong e’ passato alla storia come un creatore di bacini e canali d’irrigazione al punto che ancora oggi la pioggia necessaria per la coltivazione del riso—specialmente quella che del V mese lunare—viene chiamata taejong-u (pioggia Taejong). In accordo col suo nome, Pyokkolje (bacino nella risaia), il bacino doveva fornire acqua necessaria per le vaste risaie nell’area di Kimje e Mangyong nella provincia settentrionale del Cholla.

Una rappresentazione artistica del progetto Saemangum

Il progetto Saemangum e’ stato fin dall’inizio nel 1987 l’oggetto di aspre controversie. Si dice che avrebbe creato nuove terre coltivabili e fertili—sae (nuovo) mangnum (grande quantita’ di denaro). Un’altra teoria afferma che il termine sae venne accoppiato al termine mangnum perche’ il bacino da l’idea delle ali di un uccello (sae, traduce anche ‘uccello’). In realta’, visto dall’alto, il bacino assomiglia ad un enorme uccello che vola ad ali spiegate verso il Mar Giallo e la Cina, nascondendo un significato piu’ alto, cioe’ il desiderio di creare nuove terre che come un uccello si alzano nel mondo intero. Tuttavia, e contrariamente al suo buon nome, l’entusiasmo per il progetto diminuiva gradatamente durante i lavori come conseguenza delle interminabili proteste contro la sua costruzione. Secondo una recente pubblica inchiesta, il termine saemangum ai coreani fa venire in mente la distruzione dell’ambiente.
Il governo ha recentemente revisionato il progetto suggerendo, tra le altre modifiche, di aggiungere all’originale Saemangum il marchio Ariul. Ariul e’ una combinazione dell’antico termine coreano ari (acqua) ed ul (recinto). Tuttavia, come fu nel caso di Saemangum, un nome propiziatorio non assicura che il progetto continui liscio come l’olio.
Giorgio Olivotto
Foto Chong Myo-hwa
Seoul, Corea
21 novembre 2010

Will It Be Only a Question of Name?

The construction of the Pyokkolje Reservoir in Kimje (金堤市, 김제시), North Cholla Province (全羅北道, 전라북도), must have been unprecedented in its large-scale engineering work when it was built in 330 during the reign of King Piryu (比流王, 비류왕, ??-344, r.304–344) of the Paekche Kingdom (百濟, 백제, 18 BC-660 AD). The length of the embankment alone is 3.3 km indicating the early development of rice farming in the area.

Pyokkolje. Changsaenggo, one of the 2 remaining ancient gates

With the extended length of 33 km, the Saemangum Embankment (새萬金, 새만금, Mangum Seawall) located not far from Pyokkolje is 10 times longer than that, but its construction must not have been as difficult as the Pyokkolje Reservoir built 1700 years ago. The embankment should be used for land reclamation on the Mangum (萬金) estuary, a name probably formed from combining the first character of Mangyong (萬), as the area was known, and that of Kimje (金).
The reconstruction of the Pyokkolje Reservoir during the reign of King Taejong (太宗, 태종, 1367-1422, r.1400-1418) of the Choson Dynasty (大朝鮮國, 대조선국, 1392-1910) was also a spectacle. Over 10 000 people that were mobilised from all over the country worked hard to complete the work in two months. Even workers from Cheju Island (濟州島, 제주도) were called to join. They arrived late because of the distance and bad weather for sailing. They were ordered to build a southern embankment. Thus that area today is called the Cheju Embankment. Near the reservoir there is a small hill. Legend has it that the hill was created from the pile of worn-out straw shoes that the construction workers threw there.
King Taejong is still remembered for his devotion to constructing reservoirs and irrigation canals. Therefore, the rain that is good for rice farming—especially the kind that falls during the 5th month of the lunar calendar—is called the taejong-u (Taejong rain). The word pyokkolje (the reservoir in the rice field) was intended to supply water to vast field of rice paddies in the Kimje and Mangyong areas in North Cholla.

An artistic rendition of the Saemangum Project

The Saemangum reclamation project had been rife in controversy since its inception in 1987. It is said that the project was called Saemangum because it would create a vast, fertile farmland—sae (new) and magnum (huge amount of money). There is also a theory that sae has been attached in front of mangum because the embankment is shaped like the wings of a bird (sae also means ‘bird’). Seen from the sky, the embankments form the shape of a bird flying toward the Yellow Sea and China, spreading both wings wide. It can be said, therefore, that the Saemangum also implies the grand desire for creating a land like a bird that soars up into the world. Despite having a good name, though, enthusiasm for the project faded as the lawsuits and protests against it appeared to be endless. According to a survey, the word saemangum now reminds people mostly of environmental destruction.
The government recently presented a new master plan for the project. The plan includes a suggestion that they will use the brand name Ariul while also using the original name Saemangum to describe the reclamation. Ariul is a compound word coined by combining the ancient Korean word ari (water) and ul (fence). As was the case with Saemangum, however, a good name does not ensure that a project will go smoothly.
Giorgio Olivotto
Photo by Chong Myo-hwa
Seoul, Korea
November 21, 2010

Parlando di Piazze

L’urbanista ed architetto Italiano Franco Mancuso nel suo libro Piazze d’Europa (2007) scritto assieme al polacco Krzysztof Kowalski scrive, “Una piazza non ha una sua identita’, viene definita dall’attivita’ della gente che la riempie.In altre parole, creare e decorare una piazza non garantisce che essa generi vitalita’.
Nel contesto sociale una piazza assume ruoli e funzioni diverse. La storia della civilta’ umana considera l’agora (ἀγορά) —l’area pubblica usata dagli antichi greci per le loro riunioni—l’origine della piazza, un termine derivato da agorazo (ἀγοράζω, andare al mercato, shopping). Al di sopra della sua funzione come area commerciale, l’agora era il centro della vita quotidiana dei greci dove svolgevano attivita’ politica, economica, sociale e culturale diventando conseguentemente il luogo dove incontrarsi. Dal Medio Evo ad oggi, le piazze sono sempre state usate come luogo di rilassamento, trattenimento e celebrazione, ma anche il luogo dove i cittadini protestavano e dimostravano contro tutto quello che pensavano non fosse in loro favore.


Roma. La scalinata di piazza di Spagna e la chiesa di Trinita’ dei Monti
dalla Piazza di Spagna

A Roma, Piazza di Spagna e’ sempre stata il luogo dove i giovani italiani si incontravano e se la spassavano. Nell’ormai classico film Vacanze Romane (1953), Piazza di Spagna fece da sfondo alla romantica storia interpretata da Audrey Hepburn (1929-1993) and Gregory Peck (1916-2003). In contrasto la Bebelplatz a Berlino ci ricorda le ferite della storia. Nel 1933, i nazisti vi bruciarono piu’ di 20 000 libri che erano stati proibiti dal regime. Nel selciato della piazza vi e’ incisa la piu’ famosa frase della commedia Almansor (1821) del poeta tedesco Heinrich Heine (1797-1856) che legge, "Das war ein Vorspiel nur, dort wo man Bücher verbrennt, verbrennt man am Ende auch Menschen. (Quello era solo il preludio; dove bruciano i libri, finiscono per bruciare se stessi.)" Il Re di Francia Luigi XVI (1754-1793, r.1774-1792) e sua moglie Maria Antonietta (1755-1793) vennero decapitati nel 1793 in Place de la Concorde a Parigi durante la Rivoluzione Francese; la Prima Rivoluzione Russa nel 1905 iniziava come reazione al massacro degli operai nella piazza in fronte al Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo. Nel 1989, studenti universitari, intelletuali e semplici cittadini si riunivano nella Piazza Tiananmen a Pechino per protestare e venivano schiacciati dalle forze governative.


Seoul. Piazza Seoul

In Corea, Piazza Seoul (서울廣場, 서울광장) in fronte al Municipio (서울特別市 廳舍, 서울특별시) e’ stata creata come un’area dove i seouliti potevano radunarsi ed insenare dimostrazioni, a patto che avessero in precedenza ottenuto il permesso dalle autorita’ cittadine. Recentemente il consilio municipale votava la revisione del regolamento che garantisce il diritto di raduno senza preventiva autorizzazione. Anche se il governo dovesse chiedere al consiglio municipale di riconsiderare la revisione, il risultato, molto probabilmente, non cambiera' avendo il Partito Democratico, che propose la revisione, la maggioranza nel consiglio.
Quando 6 anni fa Piazza Seoul venne aperta al pubblico veniva promossa come un’area di svago dove i cittadini potevano assistere a manifestazioni culturali. Tuttavia sembra d’ora in poi sara’ difficile per i seouliti godersi la piazza. E’ ormai evidente che Piazza Seoul sara’ usata quasi esclusivamente per dimostrazioni politiche e sociali, il che cambia la dinamica di un’area nata per mostrare il meglio della cultura coreana.

Giorgio Olivotto
Foto Chong Myo-hwa
Seoul, Corea
14 novembre 2010

Talking about Squares

A square does not have an identity by itself but is defined by the activities of the people who fill the square,” wrote the Italian urban designer and architect Franco Mancuso in Squares of Europe (2007), which he co-authored with the Polish Krzysztof Kowalski. He means that creating and decorating a town square does not necessarily guarantee that it will become a plaza that fosters vitality.
A square has various roles and functions in human society. An agora (Ἀγορά)—or an open public space for assembly in ancient Greek city-states—is considered the origin of the square in the history of human civilisation. Agorazo (ἀγοράζω, coming to the market or shopping) is the origin of the term. On top of its function as a place for commerce, the agora was the centre of daily life for Greek citizens in politics, economy, society and culture, eventually becoming the prime place for any type of gathering. From the Middle Ages to today, squares have served as places for relaxation, entertainment and festivals. Sometimes, angry citizens assemble at these squares, staging protests and demonstrations.
Rome. Spanish Steps and church of Trinita’ dei Monti
from Piazza di Spagna

Piazza di Spagna in Rome has long been a place for young Italians to meet and rest. It also provided the romantic setting for the classic Audrey Hepburn (1929-1993) and Gregory Peck (1916-2003) film Roman Holiday (1953). In contrast, the Bebelplatz in central Berlin embraces the wounds of history. In 1933, the Nazis burned more than 20 000 books there that had been banned under the regime. One of the most famous lines of German poet Heinrich Heine (1797-1856) play Almansor (1821) is engraved in the ground at the site: "Das war ein Vorspiel nur, dort wo man Bücher verbrennt, verbrennt man am Ende auch Menschen. (That was but a prelude; where they burn books, they will ultimately burn people also.)" The King of France Louis XVI (1754-1793, r.1774-1792) and his wife Marie Antoinette (1755-1793) were beheaded at Place de la Concorde during the French Revolution in 1793, while the First Russian Revolution in 1905 was ignited by the massacre of workers at the square of the Winter Palace in St. Petersburg. In 1989, university students, intellectuals and citizens gathered at Tiananmen Square in Beijing to call for demonstrations but were crushed by government forces.

Seoul. Seoul Plaza

In Korea, Seoul Plaza (서울廣場, 서울광장) in front of City Hall (서울特別市 廳舍, 서울특별시) is a space where citizens can have rallies or stage demonstrations as long as they report their gatherings in advance. The city council recently passed a legislative revision allowing assemblies there. Even if the government asks the city council to reconsider its decision, the outcome is not likely to change since the Democratic Party—that initiated the revision—holds a majority.
Since opening 6 years ago, Seoul Plaza has been promoted as a site for leisure and entertainment events for local citizens. But it would not be easy to enjoy the open space from now on. It is clear going forward that the plaza will be used more for demonstrations, which will change the dynamic of an area primarily meant to bring out the best in Korean culture.
Giorgio Olivotto
Photos by Chong Myo-hwa
Seoul, Korea
November 14, 2010

Una Riflessione sulla Punizione Corporale

Durante la dinastia Choson (大朝鮮國, 대조선국, 1392-1910) gli studenti dovevano eseguire un rituale mensile che puo’ sembrare strano secondo gli standard moderni. Dovevano consegnare al loro insegante una bacchetta e chiedere di essere puniti: la tradizione, nota col nome di sodangmae (서당매, bacchetta della scuola del villaggio) e la punizione, nota col nome di chodal o talcho (조달 o 달조, punizione corporale), venivano accettate da tutti senza discussione al punto che se un’insegnate risparmiava, per un certo periodo non molto lungo, la punizione ad un suo alunno riceveva la visita dei genitori che lo rimproveravano di non usare adeguatamente la bacchetta.
La pratica era cosi’ comune che Kim Hong-do (金弘道, 김홍도, 1745-c.1806), un famoso pittore dell’epoca, noto per riproporre nei suoi dipinti scene di vita popolare, spesso incorporava il chodal nelle sue opere. Il famoso studioso Confuciano Yi I (李珥, 이이, 1536-1584), nel suo Il Segreto per Vincere l’Ignoranza (擊蒙要訣, 격몽요결), suggeriva agli insegnanti di usare la bacchetta sui polpacci dei loro alunni quando questi facevano qualcosa di non corretto.
Sodang (書堂, 서당), Kim Hong-do,1780

Al Songgyungwan (成均館, 성균관), una rinomata scuola di alta cultura durante la dinastia Choson, la bacchetta serviva a mantenere ordine in classe. I regolamenti scolastici contenevano molte clausole che richiedevano l’uso della punizione corporale. Uno di questi ordinava all’insegnante di interrogare l’alunno ogni giorno su quanto era stato insegnato il giorno prima e coloro che non rispondevano adeguatamente dovevano essere bacchettati sui polpacci. Le ragioni per le quali un alunno veniva punito erano praticamente illimitate. Quando un’alunno si adormentava in classe o non riusciva a concentrarsi sulla lezione, doveva essere punito; se l’alunno dimenticava o trascurava di studiare la lezione, doveva essere bacchettato sui polpacci. I temi in classe venivano valutati con il numero di bacchette: tema da 30 bacchette o da 50 bacchette, una valutazione che si riferiva al numero di bacchette che si sarebbero rotte nel costringere l’alunno a scrivere quell’ottimo tema.
In Occidente l’origine della punizione corporale risale ai tempi della Classica Grecia. Il filosofo greco Aristotele (Ἀριστοτέλης, Aristotélēs, 384 BC–322 BC) nel suo Politica (Πολιτικά), un classico trattato di filosofia politica, scriveva che l’alunno disobediente doveva essere bacchettato. Anche gli antichi romani consideravano la punizione corporale una necessita’ in educazione e gli alunni del Medio Evo erano regolarmente soggetti alle bacchettate quando il loro comportamento usciva dalle regole del tempo. Il famoso aforisma “risparmia la bacchetta e rovinerai l’alunno” risale a quel tempo. Persino il pastore americano Martin Luther King, Jr. (1929-1968) predicava che l’uso della bacchetta contribuiva a creare un buon studente. In Inghilterra l’uso della bacchetta e’ stato praticato fino al XIX secolo e solamente dopo gli anni 1970 le proteste contro l’uso della bacchetta si intesificarono ed i paesi che hanno proibito la punizione corporale comincio' ad aumentare.
La decisione dell’Ufficio Educativo della Citta’ di Seoul (SMOE) di proibire la punizione corporale degli alunni a partire dall’autunno di quest’anno ha generato grosse critiche. Tutti sono d'accordo che il provvedimento e' necessario per proteggere i diritti fondamentali dell’alunno; tuttavia molti lo ritengono dannoso per l’educazione dello studente.
Quando la punizione corporale viene applicata emozionalmente, diventa un’atto di violenza che va a danno dell’educazione. Tattavia, quando viene applicata con lo scopo di migliorare l’educazione dell’alunno, puo essere classificata come un atto d’amore.
Resta comunque il rimpianto che questa vecchia tradizione stia scomparendo.
Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
7 novembre 2010

A Thought on Corporal Punishment

In the Choson Dynasty (大朝鮮國, 대조선국, 1392-1910), students went through a monthly ritual that would seem strange by modern standards: they would provide a rod for their teachers asking for their punishment. Called sodangmae (서당매, rod of the village school) the tradition was widely-accepted at the time. The punishments were called chodal or talcho (조달 or 달조, corporal punishment). If a teacher failed to use his rod on his students frequently enough, parents would visit the teacher to scold him for the lack of corporal punishment.
The practice was so common that the master Choson-era painter Kim Hong-do (金弘道, 김홍도, 1745-c.1806), who was famous for painting scenes of everyday life, often incorporated incidents of chodal into his works. Yi I (李珥, 이이, 1536-1584), a famous Korean Confucian scholar and the author of The Secret of Expelling Ignorance (擊蒙要訣, 격몽요결), instructed teachers to use a cane on the calves of students when they did something wrong.

Sodang (書堂, 서당), 1780

At Songgyungwan (成均館, 성균관), an elite institution of higher learning in the Choson era, a cane was used to control the classroom. The school ordinance was full of clauses mandating corporal punishment. One of them stipulated that teachers test students every day on what they had learned the day before. Those who failed the test were caned on the calves. There was, in fact, no end to the number of infractions for which a student could be punished. When students fell asleep or could not concentrate during class, they were caned. If students neglected to review what they had learned, they were caned yet again. Essays were praised as either a 30-rod essay or 50-rod essay; the expressions refer to the number of rods that must have been broken to make the student write such a good paper.
In the West, the history of physical punishment can be traced back to Ancient Greece. The Greek philosopher Aristotle (Ἀριστοτέλης, Aristotélēs, 384 BC–322 BC) wrote in his political philosophy book, Politics (Πολιτικά), that disobedient students should get the cane. Romans, too, thought physical punishment was part of a proper education. And children in the Middle Ages were regularly subjected to lashings for bad behaviour. The famous phrase "spare the rod and spoil the child,” was coined in that era. Even the American clergyman Martin Luther King, Jr. (1929-1968) preached that caning helped produce a good child. The British permitted caning until the 19th century. Only after the 1970s, as the outcry against corporal punishment intensified, did the number of countries banning physical punishment begins to grow.
The Seoul Metropolitan Office of Education (SMOE) decision to ban corporal punishment beginning with this fall semester has created a big stir. People agree that the measure is necessary to protect students’ basic rights. Many people, however, object to the measure on the grounds that it will make it difficult to educate students.
When corporal punishment is administered out of emotion, it is an act of violence that threatens education. However, when done with the goal of furthering a student’s education, it is more akin to an act of love.
By the way, it is regrettable that this age-old tradition is disappearing.
Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
November 7, 2010

Machiavelli e Corea

La Basilica di Santa Maria del Fiore, al centro di Firenze, fu la prima struttura ottogonale costruita in Occidente ed e’ oggi il simbolo e l’orgoglio della citta’ dei fiori. Ma e’ anche il posto dove i giovani amanti del film giapponese diretto da Isamu Nakae (中江 功) nel 2001, Calmi Cuori Appassionati (冷靜と情熱のあいだ, Reisei Jyonetsu No Aida), si incontrano per onorare la promessa fatta 10 anni prima.
La basilica ha anche un particolare significato per il filosofo politico Niccolo’ Machiavelli (1469-1527). Lo storico giapponese Nanami Shiono (塩野 七生,1937- ), autore della Storia dei Romani (ローマ人の物語, Roma-jin no Monogatari), scrive: “Pensando alla forte rabbia che Machiavelli ha certamente provato verso se stesso mentre guardando la basilica da un capanno nei dintorni di Firenze dopo essere stato cacciato, senza spiegazioni plausibili, dal suo posto nel governo della citta’, sono riuscito a ricostruire il mio pensiero.” Si dice che Machiavelli, che aveva sempre lottato per Firenze, visse la sua vita dividendo gli alti e bassi con la basilica e giacche’ amava “la sua terra natale piu’ di quanto amasse se stesso” ha certamente pensato, mentre scriveva il suo capolavoro Il Principe, che i doveri di un monarca erano quelli di difendere la basilica da invasioni esterne.
E’ raro trovare qualcuno come Machiavelli che stia al centro di controversie dopo 500 anni dalla morte. Machiavelli e’ considerato un insensibile teorista che predicava una monarchia autocratica e l’incarnazione di tutti i trucchi possibili. Uno degli esempi piu’ rappresentativi e’ la metafora della volpe e del leone. Il Machiavelli faceva notare che “il Principe doveva possedere la potenza del leone e l’astuzia della volpe” e suggeriva che “il Principe doveva essere capace se necessario di compiere una azione demoniaca” e che doveva utilizzare a suo vantaggio le debolezze della psiche umana.
Firenze a quel tempo era una piccola citta’-stato che lottava per sopravvivere alle minacce dei piu’ potenti confinanti. In questo clima Machiavelli pensava che un forte condottiero era l’unica soluzione per costruire uno stato mederno e certamente non quello di elogiare una monarchia autocratica. In altre parole, Il Principe rappresentava un mezzo per discutere i modi ed le azioni necessarie per gestire il potere nel contesto di una monarchia.
Choi Chang-jip (최장집), un professore di scienze politiche alla Korea University qua a Seoul ed uno dei maggiori rappresentanti del pensiero liberale del paese, in una intervista per un giornale locale disse: “La Corea ha bisogno di qualcuno come Machiavelli non di qualcuno come Karl Marx” ed aggiungeva che “la Corea deve aprire i suoi occhi alle tecniche politiche predicate dal Machiavelli.”
Nel rileggere dopo tanti anni le teorie del Machiavelli sulle qualita’ di un principe—generosita’ verso parsimonia e crudelta’ verso clemenza—mi sono trovato in pieno accordo. Machiavelli predicava anche l’importanza della preparazione militare quando scriveva: “Un paese che trascura le sue capacita’ auto-difensive e’ destinato ad essere distrutto e conquistato”, parole valide anche oggi.
Io sono convinto che i coreani devono avere la saggezza di riflettere su queste idee in modo da salvaguardare la loro indipendenza e liberta’.
Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
31 ottobre 2010

Machiavelli and Korea

The Basilica di Santa Maria del Fiore, which stands in the centre of Florence, Italy, was the first octagonal stone tower built in the West. It is the symbol and the pride of Florence, the city of flowers. It is also the place where the young lovers of the 2001 Japanese movie directed by Isamu Nakae (中江 功) Between Calm and Passion (冷靜と情熱のあいだ, Reisei Jyonetsu No Aida) met to keep the promise they had made 10 years before.
The basilica had also a particular meaning for the Florentine political philosopher Niccolo’ Machiavelli (1469-1527). The Japanese historian Nanami Shiono (塩野 七生,1937- ), author of The Story of the Romans (ローマ人の物語, Roma-jin no Monogatari) wrote, “Reminded of the surging anger that Machiavelli might have directed toward himself while watching the basilica from a mountain cabin not far from Florence after he was inexplicably expelled from his government post, I made up my mind.” It is said that Machiavelli, who hailed from Florence, lived his life while sharing highs and lows with the basilica. As he loved “his fatherland more than his soul,” he must have thought, while writing his life’s masterpiece The Prince, that the duty of the monarch was to defend the basilica from outside invasion.
It is rare to find someone like Machiavelli, who continues to be the subject of controversy even 500 years after his death. He was considered a cold-hearted theorist who advocated an autocratic monarchy. He was also regarded as the incarnation of all sorts of trickery. One representative example is the fox and the lion metaphor. He emphasised that “the Prince should have both the power of the lion and the slyness of the fox.” He also suggested that “the Prince should be able to conduct an evil act if necessary” and recommended that he make use of the weaknesses of the human psyche.
At the time, Florence was only a small city-state that agonised over its own survival, as it was threatened by the powers around it. Therefore, Machiavelli thought that strong leadership was necessary to build a modern state. He did not intend to evaluate the autocratic monarchy. The Prince discusses the ways and means of winning and managing power in a monarchy.
Korea needs someone like Machiavelli, not someone like Karl Marx,” Choi Chang-jip (최장집) a professor of political science at the Korea University in Seoul and a leading liberal scholar, once said in an interview with a local newspaper. He also said that “Korea should open its eyes to the political techniques that Machiavelli emphasised.”
Upon reading Machiavelli’s writing on the qualifications of a prince—generosity versus parsimony and cruelty versus mercy—I found myself nodding in agreement. Machiavelli also emphasised the importance of military preparedness when he said: “A country that is not prepared with self-defence capabilities is destined to end in destruction and subjugation.” His remarks are valid even today.
I think Koreans should be wise to reflect on these ideas in order to protect their independence and freedom.
Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
October 31, 2010

Sansin (Il Dio della Montagna)

Nel lungo cammino della storia coreana, gli abitanti di questa montagnosa penisola hanno sempre creduto che le cime ed i declivi delle loro montagne sono spiritualmente vivi ed hanno un significato religioso, impersonandolo nella figura di Sansin (산신, il Dio della Montagna), un guardiano spirituale che abita le montagne, il cui culto e’ intimamente associato alla tigre e che ancora oggi viene venerato nei templi Buddhisti del paese. Nel contesto del shamanismo coreano—conosciuto anche col nome di muismo (무교)—il culto delle sacre montagne lascia spazio alla venerazione degli animali selvaggi, degli orsi, volpi e specialmente tigri che abitavano la montagna. Sansin e’ sempre stato la divinita’ protettrice di villaggi e citta’ fino ad essere venerato come il guardiano dell’intera nazione coreana. Fin dai tempi piu’ remoti i re coreani hanno sempre rappresentato la loro legittimita’ creando grandi cerimonie e sfarzosi altari, mentre il popolo pregava per un clima favorevole, per raccolti abbondanti, per figli in ottima salute e la protezione contro la sfortuna davanti al semplice altare eretto nel loro villaggio.
La venerazione della montagna (e del shamanismo in generale) e’ in Corea una pratica vecchia di millenni. Persino oggi e’ possible trovare nei piu’ remoti villaggi e vallate piccoli altari dedicati al Dio della Montagna, ma la gran parte delle Sansingak (Altare di Sansin) si trovano nei templi Buddisti. In Corea, l’affermarsi ed imporsi del Buddismo e’ stato possibile solo dopo l’integrazione ed assorbimento dei rituali shamanisti e l’accetazione delle divinita’ locali, che ancora oggi sono rispettate e venerate, come custodi spirituali, nei templi Buddisti, quando i monaci escono dal tempio per predicare il Dharma (धर्म) ed alleviare le sofferenze umane.
Altare dedicato a Sansin. Kumsongsan (錦城山, 금성산), Uisong

In Corea il Dio della Montagna e’ conosciuto sotto differenti nomi, tutti legati nel significato alla tigre. Quando i riti di venerazione vengono a cessare, le divinita’ che abitano la montagna ordinano al feroce animale di dannegiare il villaggio ed il suo bestiame. In altre parole, nella figura del mudang (巫堂, 무당, shamano) del shamanismo coreano la venerazione di Sansin e’ unica, assumendo una particolare importanza tra le diverse e numerosissime figure del pantheon shamanista assieme a Chilsong (칠성, Pleiadi ed Orsa Maggiore), il simbolo del potere celeste, e la misteriosa figure di Toksong (독성, Santo Solitario), il discepolo rappresentato alla sinistra di Sakyamuni Buddha (Buddha storico). Queste tre divinita’ sono spesso venerate nella Samsonggak (삼성각, Altare dei Tre Saggi) simboleggiando la trinita’ fondamentale qua in Oriente del Cielo, Terra ed Umanita’, aumentandone la sua profondita’ spirituale e creando un’altare separato dedicato a queste tre divinita’ nel contesto del tempio buddhista. Il Sansin di una particolare montagna e’ un potenziale alleato al quale il mudang puo’ chiedere aiuto performando un kut (굿, rito shamanista) quando in estasi entra spiritualmente nel modo delle dinita’. Non e’ raro leggere di un mudang che per mesi, persino per anni, va in ritiro per guadagnare il rispetto di un particolare e potente Sansin.
Quando una trentina d’anni fa per la prima volta visitai un tempio Buddhista mi meravigliai di trovarvi un’altare dedicato a questa divinita’ proprio dietro all’altare principale dove il Buddha viene venerato, a significare il grande rispetto dato a questa divinita’ locale. Chiaramente non era un simbolo Buddhista, piuttosto un miscuglio che trovava le radici nel shamanismo e Taoismo con un forte influsso di motivi Confuciani.
Io amo la montagna e sono affascinato dalle tradizioni delle grandi religioni asiatiche e trovare figure che rappresentano una forte matrice montana e di vita umana in perfetta armonia con i motivi iconografici delle maggiori tradizioni spirituali orientali e’ stato come una rivelazione.
Sansin e’ un simbolo del legame fra esseri umani e l’ambiente montano dove vivono. Ogni montagna presenta un particolare carattere dovuto alla sua topografia, al clima, alla fauna e flora, alla gente che vive sulle sue pendici che per secoli ha sviluppato un complesso legame con la montagna. Questa gente riconosce, venera ed indirizza i propri desideri attraverso il simbolo religioso del Sansin. Le persone piu’ educate lo considerano solo un simbolo, mentre tutti gli altri credono che sia una divinita’ in vesti umane che abita la montagna e la tigre sia la sua manifestazione o il suo servo.
Sansin e’ il piu’ importante fra le divinita’ indigene coreane, forse perche’ il territorio e’ quasi completamente montagnoso e le montagne piu’ alte sono normalmente associate con le piu’ forti tradizioni. Il mitico re che nel 2333 BC fondava la nazione coreana, Tangun Wanggom (檀君王儉, 단군왕검), si crede che alla sua morte si sia trasformato in un Sansin. Tutte le tradizioni religiose coreane riconoscono la sua importanza ed il popolo lo ha sempre venerato nelle sue cerimonie primo fra tutte le altre divinita’. Si puo’ senza ombra di dubbio dire che Sansin rappresenti la figura principale della tradizionale cultura coreana, sopratutto nel modo col quale lega insieme le varie tradizioni religiose formandone un ‘centro indigeno’ nella rete della religioni del paese.
Sansin e’ servito, ed ancora oggi serve, come un simbolo degli ideali della cultura coreana, il desiderio di una vita umana che vive in una armonia equilibrata con la natura, che gode di una eccelente salute, che vive a lungo nel benessere ed in saggezza. Questi ideali hanno normalmente le loro radici nel Taoismo ma sono anche presenti nel shamanismo coreano, nel Neo-Confucianismo, nelle varie sette del Buddhismo e negli aspetti spirituali del nazionalismo coreano. Da notare che tutte queste tradizioni religiose usano l’immagine di Sansin e lo venerano come fosse una loro esclusiva divinita’. Tutte lo considerano come un re della montagna, vagamente come un avo primario ed il padrone che veramente possiede tutto il territorio montagnoso, che era la’ prima di qualsiasi essere umano e prima che arivasse la religione. I templi Buddhisti regolarmente eseguono Sansinje (riti per Sansin) durante i quali vengono fatte offerte che possono essere considerate come una forma di pagamento di un’affitto. I monaci trovano che la venerazione di questa figura da loro un’ottima salute e vitalita’ da usare nel loro cammino verso l’illuminazione.


Sansingak (Altare di Sansin). Mangwolsa (Tempio di Mangwol), Kyongju

Quasi tutti i templi Buddhisti hanno un’altare con un dipinto o una statua di Sansin, spesso con la statua piazzata in fronte al dipinto. Due grosse candele, un bruciatore di incenso ed una tazza scoperta di acqua fresca a limpida sono piazzate davanti alle icone, spesso assieme ad altre offerte. Sansin e quasi sempre dipinto nelle vesti di un uomo anziano—anche se qualche rara volta e’ dipinto nelle vesti di una donna—con barba e capelli lunghi e bianchi. L’uomo e’ si vecchio, ma dimostra di godere ottima salute, e’ forte ed autoritario, benevolente ma nello stesso tempo pieno di dignita’ come un ideale patriarca famigliare. I suoi vestiti suggeriscono un rango reale e spesso e’ rappresentato con un alone luminoso intorno al capo a indicare la sua santita’ e la inconsueta energia. Quasi sempre tiene in mano, ma spesso nelle due mani, un’oggetto simbolo di ottima salute e longivita’, ottenimento di gradi scolastici e spirituali nel contesto dei suoi poteri sia terrestri che spirituali. E’ seduto su una roccia piatta in alta montagna davanti ad un vasto e spazioso panorama, un luogo noto col nome di Sinsondae (Terrazza per i Taoisti Immortali), quel tipo di luogo nel quale si esegue meditazione e yoga e dove l’illuminazione viene finalmente raggiunta.

Sansindo (dipinto di Sansin). Chonwonsa (Tempio di Chonwon), Kyongju

Ai piedi del Dio della Montagna c’e’ una tigre a tenergli compagnia, ad imporre la legge e l’inconscio; la regina della montagna, simbolo principale della cultura coreana e motivo fondamentale nei tradizionali dipinti folcloristici. Spesso una coppia di servi, noti col nome di Tongja (Giovani Dei) sono in attesa, in piedi, dietro al loro maestro, a simbolo dell’aristocrazia del passato, che tengono nelle mani oggetti sacri e simbolici. Simboli shamanisti, Buddhisti, Confuciani, Taoisti, nazionalisti e militari vengono usati in una miriade di combinazioni diverse nelle migliaia di pezzi che compongono queste rappresentazioni.
Independentemente dalla incessante modernisazione nei secoli scorsi, i coreani ancora oggi pagano il loro rispetto ai loro Sansin in svariati modi. La parte artistica dei Sansin, sia quando venerato da solo nel Sansingak o assieme alle altre due divinita’ nel Samsonggak rappresentano fattori chiave nel Buddhismo coreano essendo simboli prettamente coreani, una caratteristica che gli fa distinguere da altre simili religioni tipiche di altri paesi.
La prossima volta che vi capitera’ di curiosare intorno ad un tempio Buddhista prima di uscire ricordatevi di salutare il Sansin locale. C’e’ sempre la possibilita’ che vi visiti nei vostri sogni portandovi del insam (人蔘, 인삼, ginseng). Chi lo sa? Non si puo’ mai escluderlo!

Giorgio Olivotto
Photo di Chong Myo-hwa
Seoul, Corea
24 ottobre 2010

Sansin (Mountain God)

Throughout Korean history, the residents of this mountainous peninsula have believed that the peaks and slopes are spiritually alive and religiously significant, manifesting Sansin (산신, Mountain God), a guardian spirit residing in mountains, whose cult has been closely associated with mountain tigers and is still fostered in Korean Buddhist temples. In Korean Shamanism—also known as Muism (무교)—worship of sacred mountains gradually gave way to worship of wild bears, wolves and especially tigers, who roamed the mountains. Sansin has long been the main protective spirits of most villages and towns, and collectively the guardian of the Korean nation as a whole. Since ancient times Korean kings have funded great ceremonies at grand altars as symbols of their legitimacy, while the common folk prayed for good weather, bountiful crops, healthy children and protection from ill-fortune at their small village or temple shrines.
Mountain worship (and Shamanism in general) is an ancient practice in Korea and dates back for millennia. It is still possible to discover individual shrines to the local Mountain God in remote villages and mountain valleys, but most Sansingak (Sansin shrines) are found on the grounds of Buddhist Temples. As Buddhism rose to prominence on the peninsula, it synergised with the local folk religion and absorbed a lot of Shamanistic rituals and deities into its practice. Local spirits and deities are given their due respect in Buddhist temples as spiritual landlords while the temple residents go about their business of spreading the Dharma (धर्म) and working to alleviate human suffering.
Sansin shrine. Kumsongsan (錦城山, 금성산), Uisong

The Mountain God assumed different names that are still current in Korea, each of which signifies a tiger. The animal reputedly can be dispatched by angry mountain gods to harm villagers and cattle when worship is neglected. In other words, in the mudang (巫堂, 무당, shaman) of the Korean Shamanism the Sansin worship is unique. It is an important figure in the diverse and seemingly endless pantheon of Korean Shamanism, along with the Chilsong (칠성, Seven Stars or Big Dipper), the symbol of heavenly powers, and the mysterious figure of Toksong (독성, Lonely Saint), who was a disciple of the Sakyamuni Buddha left on Earth in human form. This triad, often located in the Samsonggak (삼성각, Three Sages shrine) therefore symbolises the fundamental Oriental Trinity of Heaven, Earth and Humanity, increasing its spiritual profundity and providing a separate shrine for these popular Korean folk-deities within the Buddhist religious context. The Sansin of a particular mountain is a potentially powerful ally who the mudang can call upon for aid when performing a kut (굿, ritual) and entering a trance to engage the world of the spirits. It is not unheard of for a mudang to spend months or even years on a mountain retreat in order to gain the patronage of a particularly potent Sansin.
When I first visited a Korean Buddhist temple 3 decades ago, I was amazed to find a shrine dedicated to this god located within the temple, behind and above the main Buddha Hall, a location showing the high respect given to this indigenous deity. It was clearly not a Buddhist icon, but rather Shamanic and Taoist in origin, with strong Confucian motifs and also a few recognisable Buddhist symbols mixed-in.
I am in love with mountains, fascinated by the great Asian religious traditions, so discovering the figure representing the powerful matrix of mountain-ecology and human life, and displaying the iconographic motifs of all the major eastern spiritual traditions in harmony, has been a major revelation.
Sansin is the symbol of the relationship between human beings and the ecology of the mountain where it lives. Each mountain has its own particular ‘character’ due to its topography, weather, water sources, fauna and flora, and the people that live at its feet or on its slopes over the centuries develop a complex interaction with this. They recognise, venerate and direct that relationship through the religious symbol of Sansin. The most highly-educated might feel that it is just a symbol, while others really believe that there is a deity in human form inhabiting the mountain and the local tigers are either his or her manifestations or servants.
Sansin is first among all native Korean deities, perhaps because Korea itself is mostly mountainous, the grandest mountains generally having the strongest associated traditions. Tangun Wanggom (檀君王儉, 단군왕검) Korea's mythical founding-king is thought to have become a Sansin upon ‘retirement’; all of Korea's religious traditions acknowledge its importance and the people have always worshipped him before all other deities in the order of their ceremonies. Sansin can well be said to be an archetypical figure in traditional Korean culture, due to the way in which it connects the various religious traditions to each other, forming the ‘native centre’ of the interconnected web of Korean religions.
Sansin also served and increasingly now serve as the symbol of a cultural ideal, the desired state of humanity living in balanced harmony with nature, enjoying robust health, longevity, abundance and wisdom. These ideals are generally rooted in Taoism but are also shared in Korean Shamanism, Neo-Confucianism and all types of Buddhism as well as the spiritual aspects of Korean nationalism. Remarkably, all of these differing religious traditions utilise the Sansin image and venerate this earthly deity. They regard him as a sort of king of the local mountain, vaguely as a primal ancestor and as the landlord who really owns the mountain territory, who was there before humans and their religions arrived. Buddhist temples perform regular ceremonies called Sansinje, giving offerings and recognition as a kind of rent payment. Monks find that veneration of this figure gives them stronger health and vitality to utilise on their path towards enlightenment.

Sansingak (Sansin shrine). Mangwolsa (Mangwol temple), Kyongju

Most Korean Buddhist temples have an altar set up with a painting or statue of the Sansin, frequently both with the statue placed in front of the painting. Two candles, an incense-burner and an uncovered bowl of fresh clean water are on the altar in front of the icons and possibly other offerings. Sansin is almost always depicted as a seated man—although a few are female—with white hair and beard; elderly but still healthy, strong and authoritative; kindly benevolent but still dignified, like an ideal family-patriarch. His clothing suggests royal rank. There may be a halo around his head indicating holiness and unusual energy. He is almost always holding objects in one or both hands that symbolise healthy longevity, scholastic or spiritual attainment and his earthly or spiritual powers. He is sitting on a flat rocky cliff-top in the high mountains with a grand view—these sites are called Sinsondae (Terrace for Taoist Immortals), the sort of place upon which meditation and yoga are best performed and where enlightenment takes place.

Sansindo (Sansin painting). Chonwonsa (Chonwon temple), Kyongju

There is a tiger beside the Mountain God, his pet-companion, rule-enforcer and alter-ego—king of the mountain-animals and primary symbols of Korean culture, favourite motif of traditional folk-paintings. A couple of attendants called Tongja (Child Spirit) are usually standing near their master in these paintings, like the servants of an aristocrat in dynastic times; they also hold symbolic sacred objects. Shamanist, Buddhist, Confucian, Taoist, nationalist and military symbols are used in myriad combinations in various parts of the thousands of different pieces of artwork.
Despite their relentless modernisation over the past century, Koreans still pay respect to their Sansin in a wide variety of contexts. The multi-faceted Sansin artworks, whether enshrined alone in Sansingak or in Samsonggak, are a key factor of Korean Buddhism being truly Korean, a unique characteristic that distinguishes it from similar religions of other nations. So the next time you are poking around a Buddhist temple here in Korea, do not forget to look around and greet the local Sansin before leaving the temple ground. He might just drop into your dreams bearing insam (人蔘, 인삼, ginseng), you never know!

Giorgio Olivotto
Photos by Chong Myo-hwa
Seoul, Korea
October 24, 2010

La Vecchia Hwasong e la Nuova Sejong

Puo’ essere considerato fuori luogo confrontare un monarca di una societa’ feudale con il presidente di una moderna democrazia. Ciononostante, il XXII Re della Dinastia Choson (大朝鮮國, 조선국, 1392-1910), Chongjo (正祖, 정조, 1752-1800, r.1777-1800) ed il XVI Presidente della Repubbica di Corea (大韓民國, 대한민국, 1948- ), Roh Moo-hyun (盧武鉉, 노무현, 1946-2009, p.2003-2008), sono senza ombra di dubbio simili e nello stesso tempo differenti, dipende da dove vengono osservati. Come capi di stato, sono stati entrambi malvisti dalle principali correnti sociali del loro tempo ed entrambi hanno dovuto affrontare forti pressioni politiche. Nonostante tutto questo, entrambi hanno proseguito con spavalderia ed entrambi hanno affrontato gli avversari con una serie di valide riforme. Entrambi hanno anche cercato di sconfiggere le forti opposizioni politiche costruendo una nuova e strategicamente importante citta’ in modo da consolidare la loro posizione.
Alla tenera eta’ di 11 anni, Re Chonjo vedeva suo padre morire, come risultato di una cospirazione, soffocato dentro ad una cassa di legno. Il ragazzo finiva col crescere con l’immagine del padre morente impressa nella mente: il risultato di forze politiche che agivano come falchi. Ereditandolo dal nonno, riusciva alla fine a salire sul trono ed immediatamente lottava con coraggio contro le opposizioni politiche in modo da ristabilire l’onore della famiglia scegliendo Suwon (水原市, 수원시) nella provincia di Kyonggi (京畿道, 경기도) il luogo dove seppellire suo padre. Stabiliva la libreria reale, Kyujanggak (奎章閣, 규장각), utilizzando il talento di persone che non appartenevano alla classe nobile. Creava personali forze di sicurezza in modo da rafforzare la sua autorita’. Nel 1794 dava inizio a Suwon ai lavori per la costruzione della la fortezza di Hwasong (華城, 화성, Castello Splendente) edificando una citta’ circondata da mura a protezione della tomba del padre.
Hwasong (Castello Splendente)

La presidenza di Roh Moo-hyun sotto molti aspetti non aveva precedenti, sfuggendo facili classificazioni. Non era completamente in minoranza, radicale o di estrema sinistra, ma fin dall’inizio sferrava attacchi contro le forze conservatrici del paese. “Le forze militari pro-giapponesi sono vissute nel lusso per tre generazioni; e’ giunto il momento per chiuderle in un museo” amava dire, classificandole fra i piu’ grossi malanni della societa’ di oggi.
Nei suoi 5 anni di presidenza il Roh ossessivamente indirizzava le sue riforme a sfavore delle forze conservatrici. In particolare si accaniva contro il distretto di Kangnam (江南區, 강남구) nel sud di Seoul, ritenuto la base dei ricchi e delle forze conservatrici della societa’, applicando ai residenti nel distretto tasse immobiliari altissime. Arrivava alla conclusione che i laureati alla prestigiosa Seoul National University (서울대학교) erano i soli a raggiungere i piu’ alti ranghi nella gerarchia sociale e, frequentemente, nel governo si parlava di chiudere l’universita’. I giornali conservatori venivano, evidentemente, presi di mira dalle riforme imponendo loro restrizioni con l’emanazione di una legge piuttosto restrittiva sulla stampa. Grazie al suo amichevole colloquio, mano nella mano, con le forze giovani e riformiste della giustizia persino la pubblica accusa, assieme al tribunale, veniva presa di mira. I grossi conglomerati industriali venivano accusati di corruzione e soggetti ad ispezioni governative piuttosto rigorose.
Il Roh amava scherzare che si ‘divertiva’ con le sua promessa, durante la campagna elettorale, di spostare la capitale del paese nella Provincia del Chungchong (忠清道, 충청도), un’idea che non era nata per divertimento, ma che rappresentava l’ambizioso progetto di annullare le forze conservatrici costruendo una nuova base di autorita’ in una nuova citta’. Il progetto veniva abbandonato solamente dopo che il tribunale costituzionale (大法院, 대법원) sentenziava che lo spostamento della capitale era ‘anticostituzionale’. Il Roh si vide costretto a modificare il progetto, trasformandolo in una citta’ amministrativa che battezzava col nome glorioso di Sejong (世宗特別自治市, 세종 특별자치시).


Lavori di costruzione della citta’ di Sejong (novembre 2009)

Per un momento lasciatemi ritornare a Re Chongjo. Il re non prese nessuna azione di rivendica verso le persone e le forze che condannarono a morte suo padre. Quando il capo della rivolta, Sin Hwang-ji, si ammalo’, il re gli mando’ una lettera di consolazione augurandogli di ritornare presto in buona salute. Costruiva un nuovo punto di forza usando giovani riformisti, ma continuava a negoziare con le vecchie forze conservatrici. Durante la costruzione della nuova e piu’ grossa, per i tempi, citta’ sattelite a due passi dalla capitale, mandava le sue forze di sicurezza con la sola missione di aiutare a mantenere la sicurezza della zona senza insediarvi uffici politici. Nella visione del re, Hwasong doveva solamente creare una citta’ autonoma e piacevole a viverci. Usava capitali personali per pagare i lavori di costruzione delle mura della citta’, dei canali di conduzione dell’acqua, e rafforzava le aziende agricole della zona in modo da trasformarla in un grosso centro di produzione agricola, riducendo le tasse ai mercanti in modo da convincerli a trasferirsi nella nuova citta’.
Riusciva a convincere i piu’ ricchi mercanti del paese a prestare il loro denaro ai piccoli mercanti in modo da incrementare le attivita’ artigianali della citta’. Il villaggio che da sempre era la’, era piuttosto piccolo, contava 244 famiglie con una popolazione di 677 abitanti. Dopo la ricostruzione della citta’ da parte di Chongjo, come per incanto vi si installarono 15 000 famiglie con una popolazione di 55 000 abitanti. Piu’ tardi, quando Hwasong ritornava a chiamarsi Suwon, rimase una delle maggiori cita’ satelliti del paese con una popolazione di oltre un milone di abitanti. Una cosa e’ certa, Suwon non sarebbe stata capace di diventare quella che e’ oggi se Chongjo avesse avuto aspirazioni politiche e militari, ma dopo la sua morte avrebbe finito con lo sparire dalle pagine dei libri di storia.
Oggi le maggiori forse politiche sono cadute in un baratro profondo e sono disordinatamente divise. Il partito di maggioranza e’ in pezzi sotto i colpi di forze minori e secondarie ed i politici perdono tempo a parlare di fiducia e di tradimento come amanti di periferia. Per risolvere il problema della citta’ di Sejong, i coreani devono solamente guardare al di la’ del proprio naso, alla vecchia citta’ di Hwasong.
Giorgio Olivotto
Foto di Chong Myo-hwa
Seoul, Corea
17 ottobre 2010