Gli innocenti e male informati volontari cristiani sono tornati a casa: questa e’ una bella notizia. Purtroppo, due loro compagni mancavano all’appello: avevano perso la vita qualche giorno prima. La inetta e neurotica reazione delle autorita’ coreane puo’ aver contribuito alla loro morte. Tuttavia, sembra chiaro che chi ci ha rimesso in tutta questa storia e’ la credibilita’ internazionale della Corea; credibilita’ di un alleato e partner affidabile ed il pericolo nel quale si vengono a trovare altri espatriati in Afghanistan, o in qualsiasi altra localita’ bollente, come risultato di questo irresponsabile comportamento.
Un amico coreano qualche giorno fa mi chiedeva se, secondo me, la Corea e’ un paese evoluto. “Cosi e cosi,” risposi quasi scherzando! La fine della crisi degli ostaggi sta chiaramente dimostrando che, alla faccia dell’enorme progresso economico raggiunto, la societa’ coreana e specialmente la sua elite politica, rimangono largamente provinciali e parocchiali, incapaci di giocare il ruolo che il paese vorebbe giocare in campo mondiale.
Prendere ostaggi, indipendentemente dalla pazzia e brutalita’ medioevale dell’atto, e’ un’ azione razionale, freddamente calcolata nella sua brutalita’, con lo scopo di intimidire l’avversario e metterlo in condizione di fare concessioni rompendo la sua volonta’ di resistenza. Nel trattare direttamente con il Taliban e, peggio, nel far credere di accettare le sue domande, il governo coreano si e’ preso in giro da solo: ha dimostrato che prendere ostaggi e’ una tattica accettabile per ottenere concessioni politiche, mettendo tutti gli stranieri in Afghanistan in diretto pericolo. Ma il peggio e’ che l’azione del governo coreano crea nei suoi cittadini ancora in Afghanistan il bersaglio per future azioni similari.
Quello che il semplice reporter, offuscato dal fatto che vite umane sono piu’ preziose delle ideologie astratte e dei principi fondamentali di una societa’, ha misinterpretato e’ che attacarsi a questi principi salva vite umane. Non e’ un segreto che la reazione di molti governi occidentali alla soluzione coreana della crisi degli ostaggi e’ stata quella di riconfermare la loro posizione di non trattare con il Taliban o con chiunque altro intenda usare ostaggi a supporto delle loro domande. Sono questi governi refrattari ed indifferenti alla vita dei loro cittadini? Certamente no! Quello che vogliono dire e’ piuttosto semplice: noi non siamo la Corea. Tu non otterai mai nessuna concessione da noi, percio’ ti conviene nemmeno tentare.
Nel cellebrare il ritorno dei 21 ostaggi e nel piangere la morte dei loro due compagni dobbiamo tutti trovare un momento per meditare sulle conseguenze di questo ‘trionfo diplomatico’!
Un amico coreano qualche giorno fa mi chiedeva se, secondo me, la Corea e’ un paese evoluto. “Cosi e cosi,” risposi quasi scherzando! La fine della crisi degli ostaggi sta chiaramente dimostrando che, alla faccia dell’enorme progresso economico raggiunto, la societa’ coreana e specialmente la sua elite politica, rimangono largamente provinciali e parocchiali, incapaci di giocare il ruolo che il paese vorebbe giocare in campo mondiale.
Prendere ostaggi, indipendentemente dalla pazzia e brutalita’ medioevale dell’atto, e’ un’ azione razionale, freddamente calcolata nella sua brutalita’, con lo scopo di intimidire l’avversario e metterlo in condizione di fare concessioni rompendo la sua volonta’ di resistenza. Nel trattare direttamente con il Taliban e, peggio, nel far credere di accettare le sue domande, il governo coreano si e’ preso in giro da solo: ha dimostrato che prendere ostaggi e’ una tattica accettabile per ottenere concessioni politiche, mettendo tutti gli stranieri in Afghanistan in diretto pericolo. Ma il peggio e’ che l’azione del governo coreano crea nei suoi cittadini ancora in Afghanistan il bersaglio per future azioni similari.
Quello che il semplice reporter, offuscato dal fatto che vite umane sono piu’ preziose delle ideologie astratte e dei principi fondamentali di una societa’, ha misinterpretato e’ che attacarsi a questi principi salva vite umane. Non e’ un segreto che la reazione di molti governi occidentali alla soluzione coreana della crisi degli ostaggi e’ stata quella di riconfermare la loro posizione di non trattare con il Taliban o con chiunque altro intenda usare ostaggi a supporto delle loro domande. Sono questi governi refrattari ed indifferenti alla vita dei loro cittadini? Certamente no! Quello che vogliono dire e’ piuttosto semplice: noi non siamo la Corea. Tu non otterai mai nessuna concessione da noi, percio’ ti conviene nemmeno tentare.
Nel cellebrare il ritorno dei 21 ostaggi e nel piangere la morte dei loro due compagni dobbiamo tutti trovare un momento per meditare sulle conseguenze di questo ‘trionfo diplomatico’!
Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
10 luglio, 2011
Seoul, Corea
10 luglio, 2011
PS. Ho scritto questo articolo nel 2007, ma le cose non sono cambiate di molto da quel tempo ed oggi credo che sia ancora valido e degno di essere ripetuto!
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