Dittatura verso Democrazia

Maggio e’ il mese che vede la rinascita della natura, lo sbocciare dei fiori, le montagne coprirsi di verde, oltre che essere un mese importante nella storia di questo paese.
Il 16 maggio 1961, i militari intervennero nella vita politica del paese per correggere una amministrazione democratica incompetente. Quel 16 maggio segna l’inizio di 17 anni di dittatura di Park Chung-hee (朴正熙, 박정희, 1917-1979), dittatuta nascosta dietro lo slogan dello sviluppo economico. Quei 17 anni videro la fine delle difficolta’ finanziarie e della fame dell’intera popolazione e nello stesso tempo la fondazione della potenza economica del paese. Dopo l'assassinio del Presidente Park, un'altro militare, Chun Doo-hwan (全斗煥, 전두환, 1931- ), continuava lo sviluppo del paese nonostante la rivolta popolare a Kwangju (光州, 광주) del 18 maggio 1980 e la forte oppressione militare del nuovo presidente. Dovettero passare ancora 7 anni prima che il movimento democratico del giugno 1987 instaurasse nel paese un sistema democratico.


Il Generale Park Chung-hee (centro, con occhiali da sole)
attorniato dai suoi aiutanti, ripreso davanti
al Kwanghwamun (光化門, 광화문), al centro di Seoul, il 16 maggio 1961,
subito dopo aver guidato all’alba il colpo di mano dei militari


La storia complessa della dittatura e democrazia coreana si riflette nell’odierno atteggiamento verso il sistema politico. Mentre molti coreani oggi possiedono un forte desiderio di democrazia, altri provano nostalgia per la dittatura. Un’inchiesta effetuata subito dopo l’instaurazione della democrazia nel paese mostrava che 9 su 10 coreani credevano che la democrazia fosse migliore della dittatuta. Il numero gradualmente diminuiva col passare del tempo ed oggi 7 su 10 cittadini sono in favore della democrazia
Durrante il mio soggiorno nell’Unione Sovietica, negli anni ’60, molti russi pensavano che gli anni sotto il regime di Stalin (Иосиф Виссарионович Сталин, 1878-1953) erano migliori degli anni sotto il regime di Khrushchev (Никита Хрущёв, 1894-1971) perche’ una bottiglia di vodka (водка) costava solamente un rublo (ру́бль), mentre negli anni ’60, costava quattro rubli! Qualcosa di simile, anche se non connesso con il costo di una bottiglia di soju (燒酒, 소주) sta succedendo qua in Corea.
Un’inchiesta della Dutch World Values Survey conferma questa situazione. Dalla meta’ degli anni ’90 e fino all’inizio degli anni 2000, meno del 30 percento dei coreani era del parere che e’ preferibile essere governati da un leader che non si cura del parere del parlamento e delle elezioni. Simili inchieste condotte nel 2005 e quest’anno hanno messo in evidenza che il numero di coreani favorevoli ad un regine totalitario e’ cresciuto di circa il 20 percento. In aggiunta, i vari confronti fra i presidenti coreani mettono quasi sempre il Park al primo posto e questo grazie al successo della sua politica economica. In altre parole, molti coreani considerano che la stabilita’ economica deve avere la priorita’. Da quando il paese ha scelto un regime democratico, i vari presidenti si sono sempre trovati difronte alla difficolta’ di implementare una politica nazionale unilaterale e il parlamento si e’ sempre fatto notare per le sue schermaglie politiche piu’ che per lo sforzo di cercare il benessere della popolazione. Il risultato e’ che fra i coreani esiste il dubbio che la democrazia non sia in grado di sfamarli. Considerando che le regole della politica rappresentativa vengono spesso ignorate, la nostalgia per una dittatura orientata allo sviluppo del paese—uno dei fattori alla base del successo economico del paese—diventa sempre piu’ forte.
E’ una dittatura veramente piu’ capace di una democrazia nel migliorare lo standard di vita del popolo? Alcuni sostengono che un dittatore e relativamente libero dalle esigenze di gruppo, al punto da essere in grado di aumentare il risparmio e gli investimenti con una visione orientata verso un futuro di effettivo sviluppo economico. Il Presidente Park mostro’ queste capacita’ ed i suoi consiglieri economici dimostrarono di essere persone capaci. Nonostante questo, in molti altri paesi i dittatori hanno privatizzato il benessere nazionale, permettendo la nascita di monopoli e di discutibili relazioni fra politici ed industriali, mentre il popolo soffriva la fame.
L’economia coreana cresceva indipendentemente dalla presenza di corruzione rampante e dei legami fra politici ed industriali. Ma in aggiunta al rigido controllo del Park, i coreani non devono dimenticare il sacrificio ed il contributo dato dalla manodopera femminile nelle fabbriche, dagli operai e da tutti coloro che erano in prima linea sul fronte delle esportazioni.
Molte delle nazioni controllate da un dittatore mostrano estremamente bassi valori di prodotto nazionale lordo pro capite, forse con l’eccezione di Singapore e di qualche paese produttore di petrolio. Al contrario, i cittadini dei paesi democratici piu’ sviluppati godono di redditi alti. I programmi assistenziali di tali paesi, quali assistenza medica e vecchiaia, sono molto migliori che quelli delle dittature. Il regime ditattoriale, blocca ogni communicazione politica, argomentazioni relative ai problemi sociali sono impossibili e le persone al potere non sono mai responsabili di quello che succede. Di conseguenza il dittatore non vive mai la vita del suo popolo. La fame sofferta in questi giorni dal popolo nord coreano e’ causata dalla natura del regime che li controlla.
Il livello di vita in una democrazia e’ senza ombra di dubbio superiore a quello di una dittatuta. Anche se lo sviluppo economico di Singapore, privo di risorse naturali, lo abbia portato a diventare un certro economico internazionale, e’ difficile per quel paese svillupare una cultura nella quale l’individuo puo’ esprimere liberamente la sua creativita’.
Nel passato esempi di forte oppressione sono stati registrati nell’Unione Sovietica e nell’est europeo e tali pratiche continuano ancora oggi con la dittatura nella Corea del Nord, le dittature militari del centro e sud America, e le dittature religiose nel Medio Oriente. Anche se la Corea del Sud non ha mai vissuto tali estremi, ha sperimentato controllo politico sulla vita privata, censura sui servizi di informazione, sorveglianza da parte dei servizi segreti e la violazione dei diritti umani durante il regime del Park e delle dittature militari dopo la sua morte.
Come conseguenza del regime coercitivo della dittatura, la gente lasciava fare, ma non tardava il 18 maggio 1980 a far scoppiare a Kwangju una rivolta che veniva soppressa solo con un enorme costo di vite umane. Il regime dittatoriale contribuiva anche a creare conflitti ideologici e regionali che finirono col diventare un cancro per il paese. Tuttavia, la nostalgia non deve nascondere ai coreani la verita’ del passato. I coreani non devono tornare indietro all’epoca della dittatura di sviluppo. E’ ormai giunto per loro il momento di pensare di realizzare un effettivo e politicamente democratico sistema di governo.

Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
29 maggio 2011

Dictatorship vs. Democracy

May is the month seeing the reborn of nature, the blooming of flowers, mountain slopes covering of green, besides to be an important month in the history of this country.
On May 16, 1961, the military intervened in politics to correct a democratic administration’s incompetence. That began the 17-year dictatorship of Park Chung-hee (朴正熙, 박정희, 1917-1979) under the banner of economic development. That era saw an end to widespread financial hardship and hunger, and the foundation of economic power was built. Chun Doo-hwan (全斗煥, 전두환, 1931- ) took over after Park’s assassination and the economy continued to grow despite the Kwangju (光州, 광주) May 18, 1980, upheaval and Chun’s strong military oppression. It would be 7 years before the June 1987 democratisation movement brought the nation to democracy.


General Park Chung-hee (centre, wearing sunglasses) flanked
by subordinates appear in Kwanghwamun (光化門, 광화문), central Seoul,
on May 16, 1961, right after he led a military coup in the early morning


Korean complex history of dictatorship and democracy is reflected in modern attitudes toward the political system. While many people today have a strong desire for democracy, others are also nostalgic for dictatorship. According to a study, after democratisation, 9 out of 10 people thought democracy was better than dictatorship. That number slowly decreased. Today, 7 out of 10 Koreans are in favour of democracy.
During my stay in Soviet Union, in the 1960s, a lot of people though that the Stalin (Иосиф Виссарионович Сталин, 1878-1953) period was much better of the Khrushchev (Никита Хрущёв, 1894-1971) period because one bottle of vodka (водка) cost only one rouble (ру́бль), while in the 1960s cost four roubles! Something similar, even if not connected to the cost of 1 bottle of soju (燒酒, 소주), is happening here in Korea.
The Dutch World Values Survey supports this point. From the mid-1990s to early 2000, less than 30 percent of Koreans thought that it was good to have a national leader who does not care about the National Assembly and elections. In the surveys conducted in 2005 and this year, that figure increased by about 20 percent. And in public evaluations of Korea’s presidents, Park almost always ranked first, mostly thanks to his economic achievements. Many Koreans see material stability as a high priority. Since democratisation, presidents have increasingly faced hardships in pushing for a unilateral national policy and the National Assembly has been more noted for its political fights rather than for its efforts to better people’s livelihoods. As a result, some people began to wonder if democracy would be enough to feed them. As the procedures of representative politics were ignored from time to time, nostalgia for developmental dictatorship—a factor in Korean economic growth—grew stronger.
Is a dictator really likelier than a democratic leader to improve the public standard of living? Some people argue that a dictator is relatively free from the demands of interest groups, so he or she can attract savings and investments with future-oriented views and effectively develop an economy. Park showed such leadership and his economic officials also demonstrated their capabilities. Yet in many other countries, dictators have privatised national wealth, allowing monopolies and cozy relations between politicians and companies while the people went hungry.
Korea’s economy grew despite the presence of corruption and undesirable ties between politicians and businesses. In addition to Park’s strong leadership, Koreans must not forget the sacrifices and contributions made by female factory workers, industrial labourers and workers on the frontline of exports.
Most nations ruled by dictators have an extremely low gross national income per capita. Singapore and some oil-producing countries are perhaps the only exceptions. In contrast, the citizens of the most developed democratic nations enjoy high incomes. The welfare programs of the average democratic nation, including health and medical benefits, are much better than those of a dictatorship. In a dictatorship, political communications are blocked, discussions about socially contentious issues are impossible and leaders are not held accountable. A dictatorship, therefore, never attends to the people’s livelihoods. The famine in North Korea is caused by the nature of its regime.
The quality of life in a democracy is also undeniably superior to that in a dictatorship. Despite Singapore’s remarkable achievement in becoming an economic hub of Southeast Asian without natural resources, it is difficult for that country to develop a culture in which individuals can express their creativity freely.
In the past, extreme examples of oppression existed in the former Soviet Union and Eastern Europe, and such practices continue under the current dictatorship in North Korea, military dictatorships in Central and South America and the religious dictatorships in the Middle East. Even though South Korea did not suffer those restrictions, it experienced political control of private life, media censorship, intelligence authorities’ surveillance and infringement of human rights during the Park regime and the following military dictatorship.
Because of the coercive nature of the dictatorship, the public temporarily submitted, but resistance such as the Kwangju May 18, 1980 movement erupted at an enormous social cost. Regional and ideological conflicts were also caused by dictatorships and they became a perennial problem of the country. Nostalgia must not blind Koreans to a realistic view of the past. Koreans must not return to the era of developmental dictatorship. It is time for Koreans to contemplate how to realise an effective, democratic political leadership.

Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
May 29, 2011

Quell’Edificio Laggiu’ all’Angolo

Questa e’ una storia di fantasia che non si riferisce a situazioni o personaggi esistenti. Spero pero’ che il lettore possa trovare un ritratto della Corea di oggi, quella Corea che tutti noi non vorremmo mai aver conosciuto.
La meta’ di quella piccola area laggiu’ all’angolo ospitava un modesto edificio ad un piano adibito ad attivita’ commerciali, e l’altra meta’ ad un parcheggio. All’inizio l’edificio era occupato da un gioielliere; poi veniva diviso fra il gioiellere ed un negozio di alimentari; poi il negozio di alimentari riusciva ad imporsi e mentre stava trasformandosi in qualcosa di piu’ di un semplice negozio di alimentari, il proprietario dell’area adibita a parcheggio, fedele alle sue mai fatte promesse, decideva di vendere. Nel giro di pochi giorni, il negozio di alimentari doveva fare le valigie ed un vistoso cartellone, che dipingeva un edificio commerciale di parecchi piani, veniva appeso sulla struttura esistente. Un nuovo edificio stava per nascere.
Il nuovo proprietario assoldava un’architetto al quale chiedeva di creare qualcosa da diventare il punto di attrazione di quell’angolo di strada. Un disegnatore trasformava le idee dell’architetto in una serie di disegni chiari e dettagliati, completati con le relative dimensioni. I disegni venivano consegnati ad un’impresa di costruzioni che non si sbilanciava troppo sul periodo richiesto per la costruzione. Un nuovo e piu’ realistico cartellone prendeva il posto del precedente ed i passanti furono tutti dell’oppinione che, senza ombra di dubbio, l’edificio rappresentava un miglioramento rispetto all’esistente. Un nuovo mondo stava per aprirsi.
Come spesso avviene in questi casi, il lavoro procedeva senza ostacoli e le fondazioni venivano completate senza aspettare che il cemento armato maturasse prima di vederlo caricato dalla struttura sovrastante. La fretta di completare prendeva il soppravento sul rischio della sicurezza. L’area, che fin dall’inizio sembrava troppo piccola per ospitare l’esuberante immagine dipinta nel cartellone, magicamente si espandeva al punto da ospitare senza problemi le idee dell’architetto. Ma man mano che i piani si aggiungevano ai piani, coloro che lavoravano in uno dei due ospedali dall’altra parte della strada, o gli abitanti dei mini-appartamenti che lo circondavano, o tutti coloro che come me passavano di la’ ogni giorno non potevano che porsi, senza trovare una risposta, la domanda: “L’esterno del nuovo edificio conservera’ veramente quell’aspetto di mattoni stile inglese?
Evidentemente no! Quello era solamente la scelta del costruttore per il muro interno. I mattoni dovevano rimanere nascosti dietro alle liscie lastre di marmo nero dipinte nel cartellone. Che idea brillante! Le lastre avrebbero evitato il depositarsi di quella patina opaca generata dagli scarichi del traffico stradale, oltre che contribuire a far distinguere la nuova struttura in una zona dove molti degli edifici sembra abbiano usato gli stessi materiali di costruzione, giusto di qualita’ sufficiente per non essere vulnerabili all’inclemenza del clima.
E cosi’ il nostro edificio si avviava verso il completamento. L’area stava per adornarsi di qualcosa di nuovo e la zona commerciale si stava espandendo ad ovest verso la collina. Ma cosa doveva diventare? Considerando che in Corea gli edifici vengono piu’ spesso che mai costruiti senza uno scopo preciso, oltre quello di generare metri quadrati da affitare, l’immaginazione dei passanti si riempiva di dubbi. Bisognava aspettare per vedere! L’edificio sorgeva in un angolo della strada a novanta gradi, intelligentemente mostrando tre lati al passante. Bisogna riconoscere che le finestre del piano terra occupavano quasi l’intera facciata dell’edificio, ma quelle degli altri piani sembravano misteriosamente ambivalenti nello scopo. Ospitera’ un bar, aperto 24 ore al giorno, a fianco di un’emporio di cactus? Ospitera’ l’intero terzo piano un campo di battaglia dove imitare l’esperienza delle guerre medio-orientali con palottole colotanti? Ci sara’ l’opportunita’ di visitare il primo vero centro d’arte ed artigianato moldavo?
Il lunedi’ mattina apriva un negozio di telefonini, in una zona dove ci sono piu’ negozi di telefonini che utenti. Il lunedi’ seguente si aggiungeva un negozio di indumenti per bambini, che poteva essere interessante solo nel caso che i bambini frequentassero il negozio. Recentemente, nel 2003, era impossibile trovare un negozio che vendesse, per amore o per denaro, indumenti per bambini; oggi, 2011, non c’e’ sufficientemente amore o denaro da spendere negli innumerevoli negozi sorti come funghi in ogni angolo della citta’. Ma qua ne hanno aperto un’altro! Poi apriva un noraebang (노래방), letteralmente ‘stanza per cantare’, quell’invenzione giapponese nota in giro per il mondo col poetico nome di Karaoke Bokkusu (カラオケボックス, karaoke box). In modo affascinante, installava una maestosa isegna al neon che occupa l’intera facciata dell’edificio da cima a fondo. La facile previsione di altre attivita’ sospettose non tardava a farsi viva: parucchiere per signora, ristorante popolare, un negozio che esponeva null’altro che manichini. In fondo va tutto bene, concorrenza leale e buona fortuna per i commercianti. A proposito di concorrenza, i commercianti non fanno affari d’oro ed in ogni caso, c’e’ una scuola di chitarra un po’ piu’ avanti nella strada, un negozio di ‘elettronica d’antiquariato’, un fornitissimo libro-caffe’, tutte attivita’ di interesse per chi ha bisogno dei loro servizi, basta cercarle.
Il problema non e’ tanto il contenuto quanto la struttura: il nostro edificio sta scomparendo. A tutt’oggi ogni attivita’ commerciale che si e’ la’ installata si e’ appropriata di una grossa fetta di quelle liscie lastre di marmo nero che rivestono l’edificio, illuminando la notte come fosse giorno. Allora in cosa consisteva quel lussuoso rivestimento? Il proprietario dell’edificio puo’, in linea col vicinato, aver descitto al costruttore le sue preferenze archittetoniche: “Fa quello che vuoi con il grigio cemento armato”, tanto non sarebbe cambiato molto. Il punto qua e’ che il nostro edificio sta scomparendo, ma era bello mentre lo stavano costruendo!

Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
22 maggio 2011

That Building down there at the Corner

This is a story of fantasy without any reference to actual situations and personages, but I hope readers can find a modern portrait of Korea, that Korea all of us would never have known.
The small corner plot down there began as half one-story business premises and the rest as a half-hearted car park. First the premises was a jewellery store; then it subdivided and became half convenience store and half jewellery store; the convenience store ultimately won out and just as it blossomed into something more than merely convenient, the owner of the half-hearted car park followed the full extent of his non-commitment and sold up. Within a few days the convenience store was returned to its flat pack origins and a picture board was erected depicting something multi-storied and benevolently commercial. A new building was to be born.
The new owner employed an architect to create something to become the new landmark of that street corner. A draftsman transformed the architect ideas in a series of neat looking sketches, backed up mathematically with numbers between arrows. Sketches were passed to contractors who were vague about the timeframe. A new, more realistic, picture board was erected substituting the previous one and passers-by pursed their lips as they nodded that, yes, it definitely looks like an improvement on what went before. A new world was about to unfold.
As usual, there was no messing around and the foundations were completed before there had been time to distribute the hard hats. Sheer speed of work kept ahead of any safety risks. The lot, which had seemed too cramped to accommodate the impressive scale contained in the idealized image, magically breathed in to cope with the architect’s plans. But as the stories racked up, those who work in one of the two hospitals opposite, or live in the one-room apartments on all sides, or who daily like me commute along the busy road outside asked themselves the same question time and time again: “Is the exterior really going to remain English Bond brick?
Well, it wasn’t. That was just the inner wall of choice for the constructors. The brick would be hidden behind a smooth panelling of black marble that the street board had promised. What an excellent idea. Such panelling would rebuff the smoggy patina produced by the exhaust fumes chugged out onto the building’s side and it would robustly contradistinguish the structure in an area where some of the other buildings looked like they were built to the single materials criteria—just enough quality so as not to be vulnerable to the big bad wolf.
And so our building was nearly complete. The area was now up-spruced and the commercial district expanded a solid block west towards the hill. What would it become? Because buildings in Korea are so often built to no specific purpose other than the generation of square metres for rent, one’s mind ran riot. Let’s see. We have five stories. It occupies a corner plot, cleverly presenting three sides of frontage to pedestrians overwhelmed with ninety degree corners. Yes, the windows on the first floor occupy almost the whole of that floor’s frontage but upstairs they seem mysteriously ambivalent in intent. Might a 24 hour bar lay down with a cactus emporium? Will the entire fourth floor play host to an indoor Middle East-themed paintball experience? Were we about to see the very first Moldavian arts and crafts centre?
On Monday morning a cell phone shop opened, in an area with more cell phone shops than cell phones. It was joined the following Monday by an infant’s clothing shop, which would only have been interesting if infants actually shopped there. For if as recently as 2003 you couldn’t find a children’s clothing shop for love or money, by 2011 you could not possibly possess enough love or money to expend in their numberless profusion. But here was another. Then a noraebang (노래방)appeared. A noraebang, literary ‘singing box’, is that Japanese invention known all around the world with the poetic name of Karaoke Bokkusu (カラオケボックス, karaoke box). Winningly, it has an air traffic harassing neon sign traversing the buildings three front sides in one long strip. The predictable retinue of usual suspects is piling up: hair shop, chain restaurant, something with nothing but mannequins in it. And that’s all good—fair play to the entrepreneurs and good luck to them. Given the competition, they have their work cut out. In any case, there’s a guitar school up the road, a guy who sells vintage electronics, a well-stocked book café—interesting businesses abound if you go looking for them.
The problem is not so much the content as the structure: our building is disappearing. So far every business that has set up has consumed behind signage the black marble panelling apportioned to them like night does daylight. So what was the point of using it? The building owner may as well have followed the dictates of many of his neighbours in describing his preferred architectural conception to the contractor: “Do whatever you want with grey concrete,” because it’s not going to make much difference. Here the point is, our building is leaving us, but it was nice while it was being built!



Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
May, 22, 2011

Ulsan: Balene e Graffiti

Ho vissuto per oltre cinque anni ad Ulsan (蔚山, 울산) nella provincia meridionale del Kyongsang (慶尙南道, 경상남도, Kyongsangnam-do) e mi e’ rimasto il ricordo di una calma citta’ di provincia, come tante altre in Corea a quel tempo. Myo-hwa e’ nata ad Ulsan e, ovviamente, per lei la citta’ ha sempre rappresentato qualcosa di speciale.
Dopo molti anni, in occasione della Pasqua (un domenica come tutte le altre qua in Corea), abbiamo deciso di passare qualche giorno ad Ulsan, ma appena scesi dal KTS (il treno ad alta velocita’) siamo stati assaliti dalla delusione e dalla sorpresa: la calma citta’ che ricordavamo non c’era piu’. Senza dubbio la fabbrica di autovetture ed i cantieri navali della Hyundai (現代, 현대), la rafineria di petrolio (la piu’ grande al mondo) e gli impianti petrolchimici hanno trasformato la piacevole citta’ di provincia nella sussultante citta’, non troppo diversa da Seoul, che appariva davanti ai nostri occhi. Persino i due grandi punti di riferimento della vecchia citta’, le balene ed i graffiti, avevano perso il loro fascino ed oggi rimane solo il loro ricordo.



Ulsan, Sinbok Rotary


Durante gli anni ’70 la carne di balena (고래고기, koraegogi) era estremamente commune nella zona. A Changsaengpo (장생포), il porto baleniero di Ulsan, i bambini cantavano una canzone dedicata alla deliziosa carne di balena. In quelli anni, quando la caccia alle balene era al suo massimo, la carne di balena era cosi’ abbondante che a Changsaengpo era’ meno cara del pesce. A quel tempo erano molti coloro che sostituivano altri tipi di carne con la carne di balena, specialmente quando la carne di manzo o di maiale era rara nel mercato.
Gli abitanti di Ulsan hanno per secoli dato la caccia alle balene ed i graffiti incavati nella roccia nelle vicinanze della citta’ sono la migliore evidenza di questa attivita’. I graffiti di Pangudae (盤龜臺, 반구대), un luogo storico che risale alla tarda Eta’ della Pietra o all’inizio dell’Eta’ del Bronzo (circa 2 000 ac), scoperti nel villaggio di Taegok (대곡리, Taegok-li), vicino ad Ulsan, mostrano balene e scene di caccia alle balene.



La parete rocciosa di Pangudae con i graffiti


Changsaengpo si sviluppo’ come centro baleniero dopo che zar Nicola II (1868-1918, r.1894-1917), l’ultimo imperatore russo, nel 1899 uso’ il piccolo porto per la sua flotta baleniera. A quel tempo le balene erano cosi’ numerose nel Mare Orientale, al largo di Ulsan, al punto da far scrivere ad un cacciatore forestiero di balene: “Le balene si permettono persino di assalire la nostra nave e qualche volta noi finiamo col navigare in groppa ad una balena.” Durante l’occupazione giapponese (1910-1945) ai coreani era proibito cacciare balene, mentre i giapponesi le cacciavano senza nessuna restrizione. Fu solamente a partire dal 16 aprile 1946—dopo la fine dell’occupazione—che i coreani ricominciarono la caccia. Allora, la carne di balena non era vista come una lussuria ma piuttosto come una fonte alternativa di proteine per tutti coloro che non potevano permettersi carni rosse.
Tuttavia, la caccia alle balene cessava nel 1986, quando la Commissione Internazionale sulla Caccia alla Balena ne proibiva la caccia per fini commerciali in modo da garantire la sopravvivenza della specie e da allora solamente gli animali che casualmente rimangono intrapolati nelle reti dei pescatori possono essere venduti sul mercato. Da allora la disponibilita’ di carne di balena non e’ stata piu’ in grado di accomodare la crescita della domanda. La polizia coreana e’ stata impegnata, per oltre due decenni, nell’opera di controllare la caccia illegale all’animale ed al contrabando della carne proveniente da paesi stranieri. I diffensori della caccia sostengono che la proibizione ha creato una sovrabbondanza di animali al punto che le balene mangiano una grossa quantita’ si pesce a scapito dei pescatori locali che spesso tornano a riva a mani vuote.
Il problema e’ ancora aperto e a Changsaengpo rimane solo il Museo della Balena a ricordare i giorni d’oro del passato.



Changsaengpo il Museo della Balena


Nonostante tutto questo, la carne di balena e’ ancora oggi considerata il piatto piu’ rappresentativo di Ulsan, dove i cittadini, spesso scherzando, dicono che se ad un ospite non viene servita carne di balena, significa che l’ospite non e’ benvenuto. Ovviamnete, e’ uno scherzo perche’ durante la nostra ultima visita non ci e’ stato servito nessun piatto di carne di balena dai parenti di Myo-hwa!
La connessione fra Ulsan e le balene data fin dalla preistoria. I graffiti di Pangudae, scoperti in un’ansa del rushello di Taedok (대곡천, Taegokchon) un affluente del fiume Taehwa (太和江, 태화강, Taehwagang) che attraversa Ulsan, nell’inverno del 1971 hanno chiaramente messo in evidenza l’attivita’ della caccia alla balena. Designati Tesoro Nazionale Coreano no. 285, le 296 figure incise nella parete rocciosa (di cui 270 mostrano vari animali, incluso tartarughe, tigri e cinghiali) si crede che siano stati eseguiti circa 4 000 anni fa. Cinquant’otto di queste incisioni mostrano vari tipi di balene, come la balena grigia, e varie scene di caccia. Mostrano anche cacciatori su barche con grosse reti da pesca, freccie e scudi. Un’incisione dipinge una baleniera usata per la caccia alla balena grigia ed al capidoglio, a provare che la caccia alla balena era attiva fin dai tempi preistorici. I graffiti mostrano in dettaglio particolari del comportamento dell’animale ed almeno 10 tipi diversi di balene che allora frequentavano il mare al largo di Ulsan.


Uno schizzo dell’intera parte rocciosa di Pangudae


La zona di Pangudae e’ nota per la sua tranquillita’ a bellezza naturale durante l’intero arco dell’anno. Oggi pero’ la parete rocciosa dove i graffiti sono incisi rimane per molti mesi all’anno sommersa dalle acque. Le grandi piogge estive sono benvenute sotto molti aspetti tra i quali il rienpimento del lago Sayon (사연호, Sayonho), un bacino artificiale costruito per garantire la fornitura di acqua alla vicina citta’ di Ulsan. Ma questo beneficio finisce col deteriorare la preziosa parete rocciosa di Pangudae.



La zona dove sorge la parete rocciosa di Pangudae



Il popolo preistorico che ci ha lasciato i graffiti di Pangudae e’ oggi considerato possedere una grande abilita’ tecnica ed essere in possesso di una cultura piuttosto complessa. Questa importante sorgente di informazioni preistoriche non rappresenta solo un'eredita’ culturale, ma e’ anche importante per le informazioni relative all’antichita’ coreana ed alla storia della caccia alla balena ad Ulsan. In particolare i graffiti mostrano che la vita non e’ poi cambiata di molto col passare del tempo, visto che la caccia alla balena e’ stata una delle principali attivita’ commerciali di Ulsan fin verso la fine degli anni ‘80.
Un’altra veloce corsa col KTX verso Seoul accompagnati dal triste ricordo di una calma citta’ ora scomparsa per dare spazio ad un’altra anonima e priva di una propria identita’.

Giorgio Olivotto
Foto di Giorgio Olivotto e Myo-hwa Chong
Seoul, Corea
8 maggio 2011

Ulsan: Whales and Petroglyphs

I lived for over five years in Ulsan (蔚山, 울산) in the province of South Kyongsang (慶尙南道, 경상남도, Kyongsangnam-do) and I remember a calm and very provincial town, as there were many in Korea at the time. Myo-hwa is born in Ulsan and, obviously, for her the town has always represented something special.
After many years, in occasion of Easter (a Sunday as many others here in Korea), we decided to spend a few days in Ulsan, but just come down from the KTX (the bullet train) we have been taken by delusion and surprise: the town that we remembered was no longer there. Out of any doubt, the Hyundai (現代, 현대) cars and shipyard, the oil refinery (the largest in the world) and petrochemical plants have transformed the lovely provincial town into the jerky city, not so different from Seoul, which appeared before our eyes. Even the two landmarks of the old town, whales and petroglyphs, have lost their charm and only their memory remains today.



Ulsan, Sinbok Rotary


During the 1970s, whale meat (고래고기, koraegogi) was a common food in the area. At Changsaengpo (장생포), the whaling port in Ulsan, the children used to sing a song about the delicious taste of whale meat. When the whaling business was at its height, whale meat was so plentiful at Changsaengpo that it was even cheaper than fish. Back then, many people ate whale meat as a substitute for other kinds of meat, especially when beef or pork was difficult to obtain.
The people of Ulsan have practiced whaling for centuries and the drawings carved on the rock there provide with evidence of this. The Pangudae (盤龜臺, 반구대) Petroglyphs, a historic site from the late New Stone Age or early Bronze Age (c.2 000 BC) discovered in the village of Taegok (대곡리, Taegok-li), Ulsan, depict whales and whaling scenes.



The Pangudae Petroglyphs rock panel


Changsaengpo grew into a trading centre for whale meat after Tsar Nicholas II (1868-1918, r.1894-1917), the last emperor of Russia, in 1899 used the small port for his whaling fleet. Whales were so plentiful in the East Sea off Ulsan then that one foreign whaler wrote, “Whales even dared to run against our ship or sometimes we sailed on the backs of the whales.” During the Japanese occupation (1910-1945), however, Koreans were prohibited from whaling. While the Japanese hunted without restriction, it was not until April 16, 1946—after the occupation ended—that Koreans went whaling again. In those days, whale meat was not seen as a luxury but rather an alternative source of protein for those who could not afford red meat.
But the practice of whaling ended in 1986, when the International Whaling Commission adopted a moratorium on commercial whaling for the conservation of whale stocks and since only whales accidentally caught in fishing nets could be sold, the supply of whale meat has not been able to meet rising demand. Korean police have also been cracking down on illegal whaling and smuggling from abroad for more than two decades. Defenders of whaling say that the moratorium on commercial whaling has created an overabundance of whales that are now interfering with legal fishing, as whales eat too much of the sea life that the fishermen are trying to catch.
The issue is still open and in Chansaengpo only the Whale Museum remain to remember the old golden days.


Changsaengpo Whale Museum


Nevertheless, whale meat is still considered a representative food of Ulsan, whose residents sometimes joke that if guests are not served whale meat when they visit, it means that they are unwelcome. Obviously, it is only a joke because during our last visit we was not served whale meet by Myo-hwa relatives!
The relationship between Ulsan and whales dates back to pre-historic times. The Pangudae Petroglyphs, discovered along the Taegok Stream (대곡천, Taegokchon), a tributary of the Taehwa River (太和江, 태화강, Taehwagang) in Ulsan in the winter of 1971, provides historical evidence of such whaling practices. Designated as Korean National Treasure No. 285, the 296 rock engravings (of which 270 depicting various animals, including turtles, tigers and wild boars) are thought to have been carved about 4 000 years ago. Fifty-eight of the carvings depict various whales, such as grey whales and whaling scenes, including people on their boat, with large fishing nets, spears and shields. A carving shows one whaling vessel used to hunt grey and sperm whales, a proof that whaling was done by Korean people in prehistoric times. The carvings detail precise observations of whales' behaviour and 10 species of whales migrating through the sea near Ulsan can be identified.


A tracing of the complete Pangudae rock panel


The Pangudae area is known for its tranquillity and natural beauty all year around. However, the rock on which the petroglyphs are carved is now periodically flooded for many months a year. The summer rains are welcome in some respects as they fill the nearby Sayon Lake (사연호, Sayonho), an artificial lake built to supply water to the nearby Ulsan, but this benefit comes at the cost of submerging the remarkable prehistoric artwork below water.



The area around the Pangudae rocky panel


These prehistoric people who left for us the Pangudae Petroglyphs are now recognized as possessing outstanding technical abilities and a complex culture. This invaluable source of prehistoric information is not only a precious cultural heritage, but is also notable for the valuable information it contains about ancient Korea and about the history of the whaling in Ulsan. In particular, the carvings demonstrates that life has not changed all that much over time, as whale hunting was a thriving business in Ulsan up until the late 1980s.
Another speedy KTX trip back to Seoul with the sad memory of a sleepy town now disappeared to let space to another without identity.

Giorgio Olivotto
Photos by Giorgio Olivotto and Myo-hwa Chong
Seoul, Korea
May 8, 2011

Sulla Scia della Génération Précaire

L’attuale politica del governo coreano di incrementare le nascite non e’ una novita’. Persino i re della dinastia Choson (大朝鮮國, 대조선국, 1392-1910) hanno sempre incoraggiato la popolazione a mettere al mondo piu’ bambini possible col pretesto che un terzo della popolazione veniva regolarmente decimato ogni qualvolta che scoppiava nel paese una qualsiasi epidemia. Per esempio un parto tri-gemellare compensava la famiglia con 10 sachi di riso il raccolto di 20 ettari di risaia.
Negli Annali di Re Myongjong (東文明宗, 명종실록, Myongjong Sillok, 1545-1567), si legge che parti tri-gemellari sono stati registrati a Wonju (原州市, 원주시, Wonju-si), nella provincia di Kangwon (江原道, 강원도, Kangwon-do), mentre parti quatri-gemellari venivano registrati a Yangsan (梁山市, 양산시, Yangsan-si), nella provincia del Sud Kyongsang (慶尙南道, 경상남도. Kyongsangnam-do). In seguito a parecchi anni di cattivi raccolti, il ministro delle finanze proponeva al re di diminuire il premio as un sacco di riso, ma Re Myongjong (明宗, 명종, 1534-1567 r.1545-1567) insisteva nel mantenere la quota a 10 sacchi di riso con lo scopo di incrementare le nascite ed aumentare la popolazione del regno.
Uno dei segreti della popolarita’ di Fan Li (范蠡, attivo nel VI secolo aC)—un famoso ministro nell’antica Cina—fu la campagna per l’incremento delle nascite. Quando uomini e donne non sposavano entro una certa eta’ i genitori venivano puniti; il matrimonio fra persone di larga differenza in eta’ era proibito col pretesto che avevano poche possibilita’ di avere figli; il secondo matrimonio per vedove e vedovi era largamente incoraggiato, ma negli ultimi anni della sua vita il Li riconosceva il problema dell’aumento della popolazione nel contesto del regime stazionario dei raccolti.
Il dittatore romeno Nicolae Ceausescu (1918-1989), non teneva in troppa considerazione il problema quando predicava che un grosso aumento della popolazione avrebbe creato uno stato piu’ forte e di conseguenza l’aborto ed il controllo delle nascite venivano messi al bando, mentre le donne che non rimanevano incinte venivano multate. Dopo un anno dall’applicazione della legge la popolazione romena raddoppiava, ma quello che i ‘figli di Ceausescu’ non si aspettavano fu il crollo dell’economia del paese al punto che non poteva nemmeno fornire cibo razionato alla popolazione.
Quello che oggi mi e’ diffile capire e’ la gioventu’ francese che scende nelle piazze in protesta contro la riforme delle pensioni; se l’eta’ pensionabile viene modificata, automaticamente diminuiranno i posti di lavoro disponibili. Questa e’ l’assurda richiesta di quel movimento noto come Génération Précaire (Generazione Precaria), nato nel 2005 ed ancora fortemente attivo oggi, che soffre di una forte disoccupazione. La Francia sta vivendo un periodo di grosso aumento della popolazione grazie ai numerosi benefici offerti ai genitori, ma avra’ la Francia cibo sufficiente per sfamare le nuove generazioni?
Considerando l’esempio francese non si puo’ fare a meno di porsi una domanda: cosa’ succedera’ in Corea? La scarsita’ di nascite e’ certamente un grosso problema per il paese, ma i coreani non devono dimenticare che le nuove generazioni richiederanno pane e lavoro. L’ultima cosa che i coreani voranno sicuramente vedere sono i loro figli scendere in piazza a protestare chiedendosi perche’ vengono messi al mondo bambini quando il paese non ha sufficienti posti di lavoro per tutti!

Giorgio Olivotto
Seoul, Corea
1 maggio 2011

On the Trail of the Génération Précaire

The Korean government’s current campaign to boost the birth-rate is nothing new. Even the kings of the Choson Dynasty (大朝鮮國, 대조선국, 1392-1910) encouraged people to have more children, because it was so common for the population to fall by one-third whenever an epidemic struck. For triplets, the king would confer 10 sacks of rice to the family. Ten sacks of rice were worth 50 acres of rice paddies at the time.
The Annals of King Myongjong (東文明宗, 명종실록, 1545-1567) records the birth of triplets in Wonju (原州市, 원주시, Wonju-si), Kangwon Province (江原道, 강원도, Kangwon-do) and the birth of quadruplets in Yangsan (梁山市, 양산시, Yangsan-si), South Kyongsang Province (慶尙南道, 경상남도, Kyongsangnam-do). After several years of bad harvests, the finance minister submitted a proposal to downsize the gift to one sack of rice. But King Myongjong (明宗, 명종, 1534-1567 r.1545-1567) insisted on 10 sacks. He was determined to boost the birth-rate and expand the population.
One of the secrets to the success of Fan Li (范蠡, f.6th century BC)—a famous minister in ancient China—was a campaign to promote childbirth. When men and women did not get married by a certain age, the parents were punished. Marriage between two people with a wide age gap was prohibited, because there was a lower chance of bearing children. Remarriages for widows and widowers were encouraged. In his later years, Li recognized the dilemma of an expanding population and a stagnant food supply.
Romanian dictator Nicolae Ceausescu (1918-1989), however, did not. He thought that a larger population would make the nation stronger and so he banned abortion and birth control. Women who did not get pregnant were fined. The fertility rate doubled in a year. But what awaited the ‘Children of Ceausescu’ was a crumbled national economy that could not even afford food rations.
It is difficult for me today to understand the French youth that are leading protests opposing pension reform. If the retirement age is modified, they would be left with fewer job openings. It is an outcry of the movement known as Génération Précaire (Precarious Generation) born in 2005 and still active, which suffers from high unemployment. A great challenge looms. France is having a baby boom because of generous benefits, but will there be enough food in France to feed its new generations?
After seeing the case of France, is it rash worry about Korea? The low fertility rate is an urgent issue, but Koreans must not forget to secure food and jobs for future generations. The last thing they should see is children protesting in the streets and asking why people had children in a country with no jobs!

Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
May 1, 2011