La Guerra Dimenticata

I bambini del tempo di Guerra, quelli nati nelle prime ore del 25 giugno 1950 subito dopo lo scoppio della Guerra di Corea (1950-1953), hanno oggi 61 anni (dovrei dire 62 anni secondo il costume coreano). Una citta’ di macerie ha lasciato posto ad una metropoli moderna e sofisticata. Un fiume nel quale scrorreva sangue e’ oggi ritornato pieno di vita. Nelle montagne che circondano Seoul, fumo e fiamme sono state sostituite ancora una volta dal verde. I coreani hanno costruito un’economia e un’industria letteralmente dalle ceneri.
Come le ferite della guerra si rimarginano velocemente, cosi’ si affievoliscono i ricordi della guerra. Oggi meno del 20 percento della polazione ha vissuto la guerra ed il numero diminuira’ ancora di piu’ nel prossimo decennio. The generazioni che non hanno vissuto l’esperienza saranno lasciate a loro stesse per discutere e scomporre la tragedia coperte dall’immunita’ politica ed ideologica.
Nel commemorare l’anniversario dell’inizio della guerra, i cineasti hanno versato sul mercato film e documentari d’occasione. Foto di scene di guerra sono apparse sulle prime pagine dei giornali ed in televisione—vicini che uccidono i vicini, massacri, bombardamenti e la conclusione dell’arrivederci. Tutto questo fa ritornare alla mente le pene ed i rancori della generazione che ha vissuto la guerra, ma per la generazione del dopoguerra non sono nientaltro che favole ben pianificate: la storia non vissuta e’ solamente un tragico dramma. Per le giovani generazioni nate dopo che il paese ha realizzato il miracolo ‘dagli stracci alla ricchezza’, la guerra di sei decenni fa e’ solamente uno storico evento letto nei libri di scuola.
I giovani coreani non sono interessati alla loro guerra, fa notare Andrew Salmon, che scriveva per il The Times cronache dalle due Coree ed ha pubblicato il libro Fino all’Ultimo Colpo, una cronaca brillante della battaglia sanguinosa fra la 29ma Brigata inglese di fanteria e l’Esercito Cinese di Liberazione del Popolo (人民解放军, Rénmín Jiěfàngjūn) sul fiume Imjin (臨津江, 림진강, Imjingang). Il gionalista inglese, pur essendo uno straniero, ha profondamente riflettuto sul valore dei suoi connazionali sul suolo coreano, un avvenimento che e’ stato dimenticato dagli stessi coreani. Il suo libro trascina il lettore sul campo di battaglia, per incidere sulla sua mente i nomi dei coraggiosi soldati inglesi che hanno combattuto fino all’ultimo respiro e sono morti per una terra a loro straniera.
Nella notte del 22 aprile 1951, la 29ma Brigata di fanteria formava un perimetro alla foce del fiume Imjin in modo da difendere dal tsunami (津波) dell’Esercito di Liberazione del Popolo la strada principale verso Seoul. A monte i soldati americani con difficolta’ erano riusciti ad uscirne vivi, ma gli inglese assieme ad un battaglione belga continuarono a combattere contro 130 000 soldati cinesi al comando del Generale Peng Dehuai ( 彭德怀, 1898-1974) sul fiume Imjin e gli inglesi lasciarono sul terreno la meta’ dei loro uomini. Salmon racconta l’epica battaglia, facendo la cronaca della morte vista in faccia dei veterani delle forze alleate. La 29ma Brigata ‘Glosters’ combatteva l’intera notte contro l’onda travolgente delle bombe umane dei cinesi fino a finire le munizioni. Quegli uomini non ebbero certamente il tempo di pensare per che cosa stessero combattendo; quei soldati affrontavano la morte tra lo sciame del nemico che scendeva senza sosta nella vallata piena di fumo, lasciandosi alle spalle i corpi dei loro compagni morti. Da quel giorno, questi giovani stranieri restano legati per sempre alla terra coreana.


La battaglia dell’Imjin


Gli inglesi non erano certamente soli. Altri giovani venuti dall’America, dall’Australia, dal Canada, dall’Etiopia, dalle Filippine e dalla Turchia hanno scritto pagine altretanto traumatiche, per non parlare dei soldati delle Forze Armate coreane. Mentre i rifuggiati e le famiglie che hanno perso nella guerra i mariti, padri, fratelli e figli lavoravano alla fine della guerra per rimettere insieme i pezzi del loro paese, i veterani vivevano ogni giorno con incisa nella loro memoria il penetrante fuoco dei cannoni, i lampi delle bombe, il sangue e le facce dei nemici che uccidevano. Questi veterani dicono che la Corea e’ diventata parte della loro vita e sono fieri che col loro sacrificio hanno aiutato il paese a diventare quello che e’ oggi.
La generazione della guerra ha vissuto la tragedia, e quella del dopoguerra ne ha ereditato la memoria ed i racconti. Per la generazione della guerra, la guerra e’ rabbia, trauma, paura e sofferenza, mentre per la generazione del dopoguerra e’ nulla di piu’ che un’eco nella storia. I coreani dovrebbero fare la loro parte per ripagare questi veterani prima che le loro vite passino per sempre ed i coreani devono assolutamente assicurare a loro stessi che questa tragica guerra non debba piu’ ripetersi, non solo qua in Corea ma in qualsiasi altro angolo del mondo.

Giorgio Olivotto
Seoul, Korea
2 ottobre 2011

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